giovedì 3 ottobre 2013

La Scala di Milano che ci governa

Fra orchestra e coro mancavano “oltre trenta titolari” nella tournée in Giappone il mese scorso. S’erano messi in malattia o in aspettativa, avendo altre attività da accudire. Anche dopo, all’inaugurazione della stazione sinfonica, l’orchestra si è presentata “con un organico dimezzato, riempito di aggiunti”. Mentre al ritorno dal Giappone, “nei tre giorni di riposo compensativo rivendicati al teatro per riassorbire le fatiche della tournée e del jetlag”, l’orchestra “teneva già un concerto a Parma come Filarmonica, ovvero nell’ambito dell’attività «privata»”.
Questo succede a Milano, tra orchestra e coro della Scala. Lo denunciano gli stessi direttori della Scala. Lo denunciano dopo che l’orchestra e il coro li hanno criticati con una lettera al sindaco e al “Corriere della sera”. Una brutta storia, con risvolti da codice penale (assenteismo, truffe) oltre che etici e di deontologia. Ma succede a Milano.
 “Poche righe dalla forma impeccabile”, aveva scritto ieri il “Corriere della sera”, citandone poi una cinquantina. E quanto alla forma senza interpellare i direttori della Scala. La difesa dei direttori della Scala il “Corriere della sera” ha confinato oggi alla posta nella pagina delle opinioni.
I direttori dicono la protesta dell’orchestra e del coro “l’ennesimo esercizio di un’arte squisitamente italiana, in tempi di crisi: la volontà e il piacere di autodistruggersi”. E può essere che sia “un’arte italiana”, ma imposta da Milano. Che alla sua ombra ci prospera. Dando degli stupidi ai giapponesi, che agli spettacoli della Scala sono accorsi in massa, pagando 500 euro, a biglietto.
La lettera dei direttori ne è un altro esempio. “Crediamo sia venuto il momento di sollevare il velo”, scrivono Perché lo tenevano abbassato? Dicono anche che la lettera al sindaco e al “Corriere della sera” è “parte di una strategia che persegue scopi non chiari”. Che non dicono.      


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