Una storia vera della mafia. Che mancava
nella vastissima sociologia mafiosa – strano, ma è così. Nonché nella anch’essa
vasta produzione letteraria siciliana. Ora finalmente, per l’autorità di
Camilleri, c’è una pietra d’inciampo: non si potrà più dire “non sapevamo”.
I Sacco, gente onesta, subiscono una
serie di abusi da parte dei mafiosi come da parte dei carabinieri e dei
giudici. Non è possibile? È così. I danni incalcolabili stanno a testimoniarlo:
un nipotino accecato, il padre strangolato, vari congiunti uccisi, bestie
rapite o uccise, case , stalle, raccolti bruciati, attentati a dismisura, a
ogni angolo delle trazzere, contro i fratelli. Che ogni volta vengono carcerati
dai carabinieri non come vittime ma come aggressori, con testimoni falsi, di
cui gli stessi carabinieri dubitano, e condannati dai giudici invariabilmente.
La storia quindi della mafia come un fatto istituzionale, del crimine non
perseguito. Di carabinieri inutili: è la vittima che deve trovare i colpevoli,
trovare le prove, trovare buoni avvocati, smontare i falsi testimoni, far
sopravvivere in qualche modo i propri. E di giudici che angariano le vittime,
senza mai un’eccezione – di loro il meglio che si possa sperare è che non siano
venduti, solo incapaci.
Un grido d’impazienza, se non di
rivolta. Dopo “Giallo d’Avola” di Di Stefano, Camilleri prende coraggio e
scrive infine la storia dei fratelli Sacco. Di cui i nipoti gli avevano dato
documentazione. Una “banda” di quasi suoi compaesani, vittime novant’anni fa di
una serie inimmaginabile di vessazioni, della mafia con i carabinieri e i
giudici, da cui uscirono con molti morti e il carcere a vita. Lieve e preciso
come nelle migliori occasioni, e con la sintesi derivante dall’esperienza
intelligente, Camilleri dice finalmente la verità della mafia, che tutti
sottomette, chi ha e chi non ha. Irridendo le distinzioni tra vecchia mafia
onorata e nuova: sempre violenta. Una vindicatio
anche per ogni cittadino onesto: le
parole semplici di Camilleri sono più devastanti di un kalashnikof.
Una storia forte, ma non eccezionale, di
ordinaria amministrazione. La vera storia della mafia, quella che tutti hanno
in vario modo subito, le vittime di mafia, e tutti lo sono, più o meno, e
nessuno aveva finora raccontato. Di violenze e di raggiri. Al coperto della
“legge”. Che Camilleri, per precauzione se non per conformismo, lega al
fascismo, ma cominciata ben prima, e continuata dalla Repubblica. Se non con le
stesse persone, con una serie interminabile di soprusi, Giuliano, Avola, Riina, lo
Stato-mafia. Una storia che l’autorevolezza dell’autore renderà infine indispensabile,
si spera, a sociologi e opinionisti.
Andrea Camilleri, La banda Sacco, Sellerio, pp. 184 € 13
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