Ora dominante, nella forma del debito
con le banche e le finanziarie, ma non da ora: la signoria dell’utile nella
forma del denaro era irrespirabile già nel Settecento. Ordine cita Rousseau:
gli “antichi politici parlavano senza posa di costumi e di virtù; i nostri non
parlano che di commercio e di denaro”. E Diderot: “Tutto ciò che non è utile
viene disdegnato, il tempo è troppo prezioso per perderlo in speculazioni
oziose”. O già nel Cinque-Seicento, con lo Shylock di Shakespeare. Ma ora certo
con più durezza, la nostra vera storia è contemporanea.
Ordine ripropone il quesito: “I debiti
contratti con le banche e con la finanza possono avere la forza di cancellare
con un solo colpo di spugna i più importanti debiti che, nel corso dei secoli, abbiamo contratto con chi ci ha
offerto in dono uno straordinario patrimonio artistico e letterario, musicale e
filosofico, scientifico e architettonico?”
Con la tradizione dunque? Oltre che con la ricerca, la libera educazione.
In supporto agli appelli recenti di Settis e Martha Nussbaum - e alla polemica carsica, in questi giorni sul “Corriere
della sera”, da quando Paolo VI abolì il latino dalla chiesa, dopo 18 o 19 secoli,
cinquant’anni fa. Con un pamphlet
che Ordine, infine “scoperto” da Milano, ripropone con aggiunte e rifacimenti in italiano
dopo la straordinaria fortuna riscossa in Francia – dove vanta un vasto
catalogo, in collaborazione con Yves Hersant, e un nome rispettato: titolare di
Italiano all’Università di Cosenza, lo studioso forse maggiore di Giordano
Bruno, è editore dei classici delle Belles Lettres e ha avuto la Legion d’honneur.
Con un saggio di Abraham Flexner, il pedagogo sperimentale americano, uno dei
fondatori dell’Institute for Advanced Study di Princeton, che documentava nel
1937-39, con aneddoti e con l’esempio dello stesso Istituto princetoniano, come
la scienza insegni molto sull’utilità dell’inutile.
Dell’ignoranza
Si può cominciare con Victor Hugo - cui
si deve il titolo, tratto dai “Miserabili” - che spiega alla Costituente del
’48: “Qual è il grande pericolo della situazione attuale? L’ignoranza.
L’ignoranza più ancora che la miseria”. Che ora non c’è, almeno speriamo, mentre
l’ignoranza è fatta legge, con la riduzione dell’università, ricerca e
insegnamento, a modeste attività liceali. V. Hugo qui si può leggere da p. 119
in poi – “la notte può scendere anche nel mondo morale”. Ma è una delle tante
“cime” che Ordine traccia, con conoscenza sicura e spigliata, inanellando una
serie di citazioni fulminanti, brillanti, spiritose, prima che vere, tra i
poeti, i filosofi, gli storici, gli scienziati, sulla necessità-utilità della
libera ricerca, della libertà di pensare, sulla possibilità di esercitare tale
facoltà. Facendoci fare un bellissimo giro fra le migliori letterature, a
cominciare dall’aneddoto semplice di Vincenzo Padula, il narratore calabrese
dell’Ottocento, a cui il padre insegna la differenza tra la “a”, di avere, e la
“e”, di essere - col merito non secondario di recuperare il reietto Ionesco. Lo
“Zibaldone” Leopardi progettava come “Enciclopedia delle cognizioni inutili”, e
“Lo spettatore fiorentino”, il settimanale di cui per un breve periodo
fantasticò tra il 1831 e il 1832, sul principio che “il dilettevole sia più
utile dell’utile”..
Un saggio antiutilitaristico, senza mai
nominare Bentham – come forse sarebbe stato opportuno. Bisogna “resistere”,
conclude Ordine, “alla dissoluzione programmata dell’insegnamento, della
ricerca scientifica, dei classici e dei beni culturali”. Senza liquidare, sarebbe
stato più opportuno, l’utilitarismo. Che è tra noi, è lo stesso modo della
sopravvivenza, dei classici compresi e della ricerca. E la stessa logica del
possesso, che al di fuori dell’ascetismo, e in tutte le forme sociali, è
ingrediente necessario della conservazione – del rispetto degli altri se non di
noi stessi (lo studente della scuola, per esempio, muri compresi, la scuola sua
e quella degli altri). Forse il tradimento è degli intellettuali e non dei
banchieri, dei mediatori dell’opinione pubblica, i letterati compresi, al
mercato direttamente, indirettamente al conformismo, di cordata, di gruppo, di
parrocchia, a cui si sacrifica la creatività, e quindi la libertà.
Della
protervia
Politicamente, Ordine si lega al
protervo “diritto di avere diritti”, la tarda deriva rodotiana dei burocrati
del ’68, quelli che assunsero il movimento senza capirlo. Una deriva che è
invece all’origine dell’eclisse della democrazia, come di ogni altra forma di
cultura. Ma svolge la sua traccia, oltre che con i classici, di cui è profondo
e amabile conoscitore, con Bataille, col suo interminato-bile “Il limite
dell’utile”, la logica “antidirittuale” del dispendio, e soprattutto con Tocqueville,
Keynes, e la stessa Nussbaum. Che negli Usa - Tocqueville in anticipo, Nussbaum
in conclusione - e nel sistema pedagogico americano sentono forti i limiti del
democraticismo sregolato. Ora nelle forme del finanziamento anzitutto, della
ricerca e dell’insegnamento intesi alla procura di fondi. Nel mezzo, Ordine
ricorda Keynes, che nel 1928 profetizzava “un secolo almeno” di sottomissione
agli “dèi del male”, avarizia, usura e avidità.
Parliamo dell’inutile che è utile, e anzi
indispensabile. Un richiamo all’ordine, cioè ai classici, cioè alle humanitas, che, purtroppo, non è il
primo. Ma qui non c’è da dubitare, nessuno dirà mai di no, alla qualità, al
gusto, al bello, all’arte, all’ingegno. Mentre la peste è un’altra, non il
rifiuto del bello, che nessuno rifiuta, o dell’inutile, da cui tutti siamo
affezionati. È lo scadimento del gusto, che trascina lo scadimento del giudizio.
Tanto più insidioso ora, rispetto a Rousseau e Diderot, per legarsi alla democratizzazione,
al processo di inclusione sociale là
dove una funzione magisteriale non c’è o non si vuole. Per esempio nella
Calabria dello stesso Ordine, dove l’“abusivismo di necessità” dilaga, anche
contro le regole e gli stessi carabinieri, talmente è incontestato-bile, un
anarchismo kamikaze.
Con più incisività nella seconda parte,
Ordine pone la deriva dell’università. Il degrado dell’università infetta
anch’essa di shortermismo – il risultato subito. Dello studio ridotto
all’insulsa e invadente morbilità del “fatevi bene i conti”, che in questo caso
è delittuosa. E della sbagliatissima, agli stessi fini utilitaristici,
riduzione dell’università a un promovificio: con la separazione della ricerca
dall’insegnamento, e la riduzione dell’insegnamento alla promozione del più
gran numero di studenti, si rende inutile lo studio. Sembra una barzelletta, e
lo è. Ma è anche l’ideologia imperante dell’organizzazione accademica,
sull’esempio degli Usa. Dove però il sistema si dichiara in crisi, mentre
l’Italia se ne compiace.
Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani, pp. 265 € 9
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