L’aumento
dell’Iva al 21 per cento ha ridotto il gettito del 5,2 per cento, pari a 3,7
miliardi nei primi otto mesi del 2013. A conferma che le imposte indirette
hanno un effetto diretto di scoraggiamento dei consumi. A fronte di questa
conferma, si conferma irrealistica la previsione del ministro Saccomanni, che
ha voluto l’ulteriore aumento dell’Iva per accrescere le entrate di 1,6
miliardi.
A
fronte di una riduzione del pil prevista all’1,7 per cento, e dei consumi che
si aggirerà sul 2,4 per cento, l’Iva si è ridotta di più del doppio. L’Iva
scoraggia i consumi, gli affari, e la lealtà fiscale. La scienza delle Finanze
ha una sua logica, che non può essere quella della demagogia. Si prenda una
tassa apparentemente solo dovuta, quella sule auto di lusso: il Salva Italia di
Monti l’ha introdotta con una previsione di maggiori introiti per 168 milioni,
e invece ha comportato una riduzione del gettito, per 140 milioni.
Il
debito si aggrava dunque, più che per lo spread
(il costo maggiorato degli interessi sul debito pubblico a fronte della
“concorrenza” dei titoli di Stato nord-europei), per l’imposizione fiscale. Le
entrate complessive negli otto mesi sono state uguali agli otto mesi di un anno
prima, malgrado l’aumento di 2 punti percentuali delle tasse: più tasse hanno comportato
meno ricchezza. Aggravando la recessione.
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