Matteo Renzi marcia verso la leadership
del Pd per esclusione. Anzi, già fa epurazioni: valuta le adesioni e ne esclude
alcune, lancia interdetti su persone e cose. Anche là dove non ne è
necessitato, e anzi dove la cautela si imporrebbe, come l’amnistia.
Normalmente, chi ambisce alla guida di un
gruppo opera per inclusione, smussando gli angoli invece di acuirli. Renzi invece
si colloca nella politica personalistica e plebiscitaria in voga: conta la
persona, la figura, l’immagine, del capo e non il partito, il dibattito, il
programma.
Questo porrà il problema al Pd se
considerarsi un partito e non l’armata Brancaleone che si aggrega al vincitore,
o un comitato elettorale come è del berlusconismo. Un problema, per il Pd, di
identità e non di opportunità. Tale che la prevedibile, facile, larga vittoria
di Renzi avverrà, in queste condizioni, a capo di un partito che si liquefa.
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