A un anno dall’uscita negli Usa, il libro
di Raffaele Sollecito aspetta ancora di essere pubblicato in italiano. È di
traduzione difficile? È stato scritto da un giornalista inglese del “Los Angeles
Times”, Andrew Gumble, ma traducendo in teoria quello che Sollecito gli ha
raccontato. Che peraltro risulta l’autore del libro. Non per caso un anno fa
propagandava su facebook la tournée
americana di presentazione del volume – con un paio di centinaia di sue foto
del festival “Burning Man” a Black Rock City in Nevada, un fatto di massa per
pochi. È pure vero che i due potrebbero essersi confidati in inglese. Ma, insomma,
il libro è stato commissionato e pubblicato da Simon & Schuster, primaria
editrice Usa non scandalistica, che si fa un obbligo di recuperare i due milioni
di dollari anticipati agli autori. Che non ha recuperato negli Usa malgrado il
lancio in grande stile e il richiamo nel titolo a Amanda Knox, la vera star del
caso. Senza contare che il libro si venderebbe in Italia a palate, peggio di
Malvaldi per dire, stante il rilievo che giornali e telegiornali assicurano al
caso e al nuovo processo, a Firenze. Forse ci sono alcune cose da non dire in
italiano.
Sollecito ammette di avere tenuto un
comportamento “ a volte bizzarro” dopo l’assassinio di Meredith. Ma,
soprattutto, attacca la polizia e i giudici. Della polizia dice che lo ha
maltrattato. Dei giudici che hanno tentato di fargli scaricare il delitto su
Amanda promettendogli l’assoluzione. Tutte cose che non combaciano con la strategia
dell’avvocatessa finiana Bongiorno, la vera artefice della riapertura del caso
in Cassazione. Dove, come ora è palese, alcune coperture sono decisive - quaeta non movere, l’incartamento verrà?
Raffaele Sollecito, Honor Bound. My Journey to hell and back with Amanda Knox.
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