L’uomo investe di più – di più
della donna – nel matrimonio e nei figli? Efferatezza e frequenza non lo
consentono, ma uno sguardo più appropriato alla radice di questo scoppio di
violenza sarebbe necessario. Che non è quella del maschilismo. Il maschilismo
non c’è più in nessun territorio e in nessun ceto sociale, non in Italia (il
fatto non è indagato, ma è agli occhi di tutti). C’è invece nelle leggi, che
presuntivamente imputano il fallimento della coppia o del matrimonio all’uomo,
nella divisione dei beni e nella tutela dei figli.
La donna esce dalla coppia-matrimonio
protetta, l’uomo sempre e comunque reo. Le leggi e la pratica favoriscono la
donna. Nella presunzione che sia l’elemento debole per quanto riguarda i
rapporti patrimoniali, fino alle tante situazioni ridicole determinate
dall’applicazione automatica del lodo Jotti. E che sia invece ’elemento forte
per quanto riguarda il rapporto con i figli. I frequenti casi di madri
infanticide rubricando come vittime, mentre il padre infanticida è un
autoritario e un patriarca fallito. Una revisione della pratica divorzile aiuterebbe
molto la prevenzione della violenza.
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