lunedì 7 ottobre 2013

Un gigante contro Hitler

Weimar fu avversata dai protestanti più che dai cattolici - già spogliati dal Kulturkampf di Bismarck. Anche Hitler, con  l’antisemitismo, la guerra e lo sterminio, di cui una larga pubblicistica vuole fare colpa al papa e ai vescovi cattolici, ebbe in campo religioso piuttosto il supporto evangelico. Sul fondamento di Lutero, che degli ebrei predicava l’Ausrottung, lo sradicamento. Sono evangelici i Deutsche Kristen, che volevano, e vogliono, una chiesa “ariana” – tutte camicie brune il 5 settembre 1933 al sinodo nazionale luterano, almeno quattro su cinque, grandi manifestazioni nello steso anno a Berlino di cristiano-tedeschi all’insegna delle croci uncinate, e perfino il rifiuto della Bibbia, con l’adattamento dei Vangeli alla “mistica nazionalsocialista”.
Dietrich Bonhöffer fece imponente eccezione, anche per la statura fisica, aristocratico anche di sangue, la resistenza al nazismo fu soprattutto aristocratica, finendo alla forca pochi giorni prima della fine della guerra. Esponente insigne della chiesa Confessante luterana, che professò contro il nazismo, se non proprio contro l’antisemitismo – Karl Barth, insigne teologo e maestro di Bonhöffer, fu perfino nastizzeggiante per via dell’antisemitismo (“La chiesa Confessante sotto il nazismo” è stato quasi cinquant’anni fa un ottimo studio di Sergio Bologna). Il pastore Bonhöffer fu uno dei due suoi martiri, e per questo è forse l’oppositore che la Germania più celebra. Di una resistenza che fu peraltro vasta – la più vasta al confronto coi movimenti di opposizione ai totalitarismi europei – ma non fa testo in Germania, né nella politica né nella storia. L’altro suo martire è Franz Kaufmann, di origini ebraiche. Affinati ne percorre qui affascinato i luoghi, compreso il viaggio a Roma, e i libri.
La giusta misura è tra resistenza e resa, scrisse Bonhöffer prima dell’esecuzione. È la divisa del prete, forse non sbagliata: la chiesa deve resistere sempre, perché sempre la perseguitano – Cristo si fece crocifiggere. Senza faziosità anche negli scritti religiosi, né partito preso: era uno che sarebbe andato a Roma al concilio ecumenico (anche buoni cattolici, come Hans Küng, negano al papa l’infallibilità).
Un particolare che Affinati trascura merita di essere ricordato. Fey von Hassell, figlia dell’ambasciatore di Hitler a Roma, poi impiccato come cospiratore del 1944, e giovane fiduciaria della Gioventù Hitleriana in Italia, sposata Pirzio-Biroli a Brazzà, lo ricorda nel suo “Diario”. Il diario di una carovana di mogli e figlie dei cospiratori del ‘44, vittime del Sippenhaft, il peccato familiare, e di reprobi: primi ministri, generali, banchieri, principi reali, lo specialista di Stendhal Léon Blum, vescovi e teologi, Bonhöffer incluso e Martin Niemöller. Una carovana che in treno, prevalentemente, e a piedi fu fatta vagare per sette mesi su e giù per il Reich.
Niemöller, per fare la differenza, fu sempre antisemita, gli ebrei volendo con Lutero tutti  convertiti. Volontario nel 1914, aveva lasciato la Marina nel ’18, già comandante, a venticinque anni, piuttosto che consegnare il suo sottomarino agli inglesi, s’era fatto uomo di chiesa, le sue prediche a Dahlem volendo stenografate, fu hitleriano e poi antihitleriano, volontario respinto nel ’39, dopo aver fatto alcuni anni di lager, e dopo la guerra nemico di Adenauer, la Nato, il mercato, l’antisovietismo, ma stando all’Ovest.
Eraldo Affinati, Un teologo contro Hitler Oscar, pp.168 ill., € 9

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