La “leggenda
bianca” di Pilato, molto apprezzata dai vangeli apocrifi, la sola figura
storica e drammatica dei sinottici, un santo per la chiesa etiopica, mentre sua
moglie Procla è festeggiata dagli ortodossi il 29 ottobre. Senza escludere Pascoli,
che fa di lui, e non Celestino V, il bersaglio di Dante, l’ignavo all’inferno
“che fece per viltade il gran rifiuto”. Pilato non è quello che sembra, un proconsole
romano accidioso nella provincia povera.
Anche il
libriccino di Agamben, poche pagine, non è evidentemente quello che sembra, un divertissement, poiché suscita aspre contese
e anche rampogne. E lo mette, inaudito, in cima ai venduti – chi glielo avrebbe
detto al fine filosofo, la celebrità a settant’anni per uno scherzo.
Nella
tradizione ce n’è per tutti. C’è chi vuole Pilato protocristiano. Chi invece un
lavativo. E chi un governatore feroce. Agamben ne trae lo spunto per definire
il tradere, la ripetizione e la
trasmissione, che stanno al fondamento della tradizione. Sornione – i Vangeli
sinottici sono compresi: “La critica radicale di ogni giudizio è parte essenziale
dell’insegnamento di Gesù”. Rimettendo al centro una questione che Spengler, “con
la consueta vivacità”, aveva posto ma è rimasta inconsulta: “Quando Gesù viene
portato davanti a Pilato, due mondi stanno immediatamente e inconciliabilmente
di fronte: quello dei fatti e quello delle verità, e con tanta spaventosa
chiarezza come ai altrove nella storia del mondo”. Con l’ausilio di Giovanni
evangelista, 3,17: “Dio non ha mandato il suo figlio nel mondo per giudicarlo
ma per salvarlo”.
Agamben ne
trae, alla fine del godibilissimo excursus, l’inconciliabilità: “Il mondo,
nella sua caducità, non vuole salvezza, ma giustizia”. Per ciò stesso si pone a
giudice, e si chiude in un impasse: “In
quanto insalvabili, le creature giudicano l’eterno: questo è il paradosso che
alla fine, di fronte a Pilato, toglie la parola a Gesù. Qui è la croce, qui è
la storia”. Abolisce cioè il Cristo, la salvezza dicendo impossibile.
Ma forse, a
parte lo svago narrativo della ricostruzione storica del personaggio, il
filosofo lo sberleffo lo fa alla giustizia: “Giustizia e salvezza non possono
essere conciliati”. Una giustizia che è la nostra ineliminabile condizione,
impossibile.
Giorgio
Agamben, Pilato e Gesù, nottetempo, pp. 66 € 6
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