Democrazia - Con o senza la rivoluzione, è in contrasto
con se stessa nel momento in cui si fa “causa”: la democrazia è minacciata da
tutti quelli che vogliono imporla. Si vive in libertà se non si è obbligati. E
non si può stare in causa tutta la vita.
Le
missioni militari di pace si potrebbero abolire senza nessun danno.
Europa – Si appresta a celebrare un
secolo di quanto era grande. Nel 1914 era europeo mezzo mondo, ora è l’Europa
delle ‘ndrine, piccole cosche.
È dissociata, ne presenta i
sintomi – si può vederla così. Si difende ritirandosi. Si vuole migliore, ma si ritrae. Mentre la
vera guerra di difesa è l’attacco, altrimenti manca la spinta morale. Era
europeo mezzo mondo nel 1914, ora l’Europa non sa dove sta.
Si ritrae, dice, per un fatto di civiltà
politica. Ma dov’è la civiltà del ritirarsi? Ognuno deve rispondere di sé. Né,
a ben guardare, l’Europa si adatta alle nuove domande del mondo, è anelastica.
L’America imperialista è molto più flessibile alla globalizzazione – che
peraltro ha disegnato e congegnato.
Si può
dire che l’Europa teme l’inferno, benché secolare, e Dio lo pensa con sé. Cioè,
pensa che Dio è un cretino. Non intimorisce nessuno ma digrigna i denti.
Non è
neppure vero che l’Europa scappa: sta lì e si lagna. Per la storia della colpa,
che è degli altri. Del papa prima, ora degli Usa, una volta era dei gesuiti, in
inglese è degli olandesi, in olandese degli inglesi, è sempre degli ebrei ma
non si può dire, e dei tedeschi, dei neri, dei gialli e dei mussulmani. Si fa
colpa ai tedeschi della Schadenfreude,
la gioia maligna per le altrui disgrazie, che è invece universale, in Italia è
il tanto peggio tanto meglio di Togliatti, Kant che l’ha analizzata lo sa, e
l’insistenza è solo un tentativo d’inoculare al mondo l’impotenza che la Schadenfreude sottende. È così che l’Europa può atteggiarsi a
donna virtuosa che le altre ritiene puttane. Ha la presunzione d’una cultura
che nega, piegata alla violenza che depreca. E auspica che gli Usa le suonino
all’Iran, alla Siria, ai mussulmani tutti. E magari poi alla Cina, all’India.
Un castrato
che godesse delle scopate tra vicini, del contagio venereo, di Sansone e il “pereant omnes”. Per la gioia maligna.
Guerra – È sempre offensiva, ma la
grande furbata è di dirla difensiva: di farsi fare la guerra. Per esempio di
Stalin da quel demente di Hitler. Grandi elogi in effetti si celebrano nella
storia diplomatica – si celebravano quando ce n’era una - del “farsi fare la
guerra” che si vuole fare, una sorta di scaramanzia: Bismarck con Francesco
Giuseppe nel 1866 e Napoleone III nel 1870, l’Intesa col kaiser e Francesco
Giuseppe nel ‘14, Stalin con Hitler.
Muro - Se ne può interpretare la caduta
come la caduta dell’Occidente? Dell’Europa, e quindi dell’Occidente – gli Usa
hanno anche sul lato Pacifico e un latino: l’impero sovietico come
manifestazione dell’Europa.
Nella storia l’impero comunista sarà stato
ben europeo, inclusi i morti propri che
l’idea non contemplava. Sarà stato anzi l’ultima Europa. Quella di
Bruxelles è delle zie, che unifica le proprietà organolettiche del vino da
Marsala a Cochem, e i tassi di interesse – questi già con difficoltà.
Una tradizione obsoleta vuole l’Occidente
in veste talare, come quello del cristianesimo. Mentre l’Occidente è quello che
ha perduto la fede, unico al mondo. Anche nel comunismo. Nel nome del quale
però si è fatto grande, Stalin sarà stato l’ultimo conquistatore europeo, che a
Mosca diede il dominio
delle menti di mezzo mondo, seppure feroce e brutto. E ancora non smette, a
venticinque anni dalla caduta del Muro, col globalismo trionfante.
Settanta – Scalfari ricorda
nel suo recente “L’amore, la sfida, il destino” di aver cominciato a contare a
settant’anni – di avere avvertito l’età. Gli etruschi contavano le età per cicli di
sette anni. Dal quinto al decimo ciclo si era maturi, cioè fino ai settant’anni.
Dopodiché si era anziani e saggi, fino al dodicesimo ciclo, cioè agli 84 anni.
Considerato che da allora l’aspettativa di vita è cresciuta di un venti per cento,
c’è di che essere ottimisti.
Non che
prima mancassero le occasioni. Tiziano per esempio, che morì di 91 anni, dipinse
da ultimo alcuni delle sue tele migliori, quelle che più emozionano, per le quali
dovette limitarsi a spalmare l colore coi polpastrelli invece che col pennello.
Seneca,
l’esperto della vecchiaia, morì peraltro prima, uccidendosi a 70 anni a causa
del suo pupillo Nerone.
Non
affettarsi, non fermarsi mai. La vecchiaia ora non è più apprezzata. Ma lo è
stata a lungo. Con motivo. Papi e imperatori sono stai migliori in età avanzata.
Leone XII per esempio, eletto nel 1878 a 68 anni, di salute cagionevole, che
regnò per 25 anni, e le cose migliori le fece dopo gli ottanta, per esempio la
“Rerum Novarum”, a 81 anni, e la critica dell’“americanismo” o materialismo a
89. Innocenzo X, eletto nel 1644 a settant’anni, regnò fino i suoi 81, e seppe
confrontarsi col giansenismo, con gente come Arnauld e Pascal. O il papa
regnante Francesco, eletto a 76 anni e subito incontinentemente attivo.
Mentre ci
furono papi giovani da dimenticare: Giovanni II, diciannovenne. O Benedetto IX,
che solo Voltaire tiene in vita, nella derisione, come colui che “comprò e
rivendette il pontificato” .
Fernando
de Rojas, “La Celestina”: “Nessuno è così vecchio che non possa vivere un altro
anno, né così giovane che non possa morire oggi”.
Stalin – Si giudica
nella storia complessivamente, ma non c’è conquistatore, questo è innegabile,
maggiore. Ora che si va a celebrare Yalta, la Cosa emergerà.
Non si può sottovalutare
Stalin, che non ha paragoni tra i cesari. E d’una massa di servi ha fatto in
vent’anni una potenza, alle plebi dell’Unione Sovietica sterminate imponendo la
scuola, le vaccinazioni e il lavoro, il potere va indirizzato a un fine. Anche
in guerra non rinunciò ai due milioni di tedeschi del Volga, i tedeschi neri –
mentre gli Usa confinavano i giapponesi americani.
È vero che liquidò i generali mentre era sotto
assedio, ma in Russia si fa così. Lo zar Paolo I mise a riposo o esiliò i
colonnelli e i generali mentre preparava con Napoleone una spedizione in India.
Ma nelle cose di guerra
Stalin non andò a casaccio, quello era Kutuzov, il
generale filosofo di Tolstòj. Churchill, un altro che esonerava i generali, ne
boicottò i piani vincenti in Libia, Grecia e Iraq.
Stalin
non credeva a Hitler come non credeva a Churchill, non poteva: lo statista
cerca di capire, non crede. A Casablanca criticò la resa incondizionata e lo
sbarco in Sicilia, invece che nell’Atlantico, ma per diversivo. L’alleanza con
Hitler pagò con i morti in cambio di metà Europa orientale. L’altra metà la
ebbe a Casablanca, un anno prima di Yalta: non c’è impero territoriale più
vasto, non c’è mai stato.
Sempre gli zar furono migliori del loro tempo,
Pietro il Grande, Caterina II. Un buon dittatore sa che non può mettersi contro
il popolo. Lo zar Alessandro a Vienna era più democratico di Metternich e del
re di Prussia. Già nel Cinquecento, con l’opričnina,
lo zar si mette col popolo. Anche come tattica: l’opričnina portò i boiari impauriti a chiedere aiuto allo zar, che
così poté ammazzarli tutti nel suo palazzo. Il capo è col popolo anche quando è
terribile: Ivan o Stalin.
Urss – È stata l’ultima potenza europea. Erede
della Russia contro l’Orda d’Oro che non s’arresta: Tashkent fu presa nel 1865,
Samarcanda nel 1868, Bukhara, la città di Avicenna, il primo filosofo
occidentale, riconquistata nel 1920, con la deposizione dell’emiro.
È stata
l’ultima potenza europea anche a Occidente – una sua breve storia è pure questa
- e la Germania sotto sotto la invidiava. È questo che Hitler, “o noi o loro”,
intendeva. La Germania Federale ha perciò scalpitato contro Adenauer, che
giocava in difesa. E ha progettato poi di conquistarla, prima con Brandt, il
neutralismo, poi coi marchi. Che hanno fatto crollare il Muro.
astolfo@antiit.eu
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