Antifascismo – Fa sempre
testo la novella che undici professori universitari rifiutarono il giuramento
al fascismo. Solo undici, su mille, o millecento. E tutti quelli che non ebbero
la cattedra perché rigiurarono il giuramento o semplicemente erano invisi al
regime?
Si
vogliono gli intellettuali conformisti e il fascismo popolare. La popolarità
del fascismo, l’invenzione di De Felice, fa aggio bizzarramente su ogni altro
aspetto nello stesso antifascismo. Ed è oggi maggioritaria se non unanime, al fondo dei tanti allarmi
“fascismo! fascismo!”: è scomparsa l’Italia che si opponeva. Che per forza era
minoritaria. Ma quanto ampia.
Cina-Giappone – Per la prima
volta nella storia dei due paesi, dalla prima guerra di Corea nel 1894, la bilancia è a favore della Cina, politica e
militare, e anche economica. In parte anche diplomatica: come già per la
Germania Ovest e per l’Europa, gli Usa fanno tutt’uno col Giappone, ma per
meglio assestare e rafforzare l’intesa non dichiarata con la Cina, con la quale
reggono il mondo della globalizzazione.
Due
potenze sempre in lite, dacché il Giappone si rinnovò nel secondo Ottocento,
sulle tracce dell’imperialismo euro-americano. Col Giappone sempre vincente.
Ora è la Cina che cerca il ruolo del Giappone fine Ottocento, in espansione,
economica e strategica. Con una supremazia, sul fronte bilaterale,
incontestata: per il disarmo giapponese, e per l’enorme duttilità cinese,
economica, militare e diplomatica.
Roma
e altre città soni invase da un paio d’anni da una ristirazione mista, in sé
incompatibile, cino-giapponese. Sono sempre cinesi che fanno anche cucina
giapponese (coi nomi delle ricette giapponesi se non con la qualità) – come la
fanno thailandese, malese, vietnamita, e perfino coreana. Ovunque ci sia
profumo di affari.
Imperialismo
- Si
ricorda l’impero romano perché durò a lungo e costruì molto, con materiali
durevoli, ma più perché fu un modello di civiltà. Che tutti i popoli sottomessi vollero fare propri. Una “forza” che si
propagò anche dopo la caduta dell’impero.
È quello che manca nell’imperialismo (ordine
internazionale) contemporaneo. Gli Usa non legittimano. E non si legittimano.
Da venticinque anni non hanno più nemico planetario, e neanche locale – non si
può considerare il terrorismo islamico un nemico per una potenza planetaria. E
tuttavia non propongono e non chiedono nulla. Anche il “modello della libertà”,
che gli Usa propongono, coi “volenterosi” quali l’Italia, in mezzo mondo, richiederebbe
grande durezza: l’equivoco dell’imperialismo americano è forse questo, che la
libertà marci con i suoi piedi.
Internet – È campo di battaglia monopolistico come un secolo e mezzo fa potevano esserlo le ferrovie o il petrolio – parliamo sempre degli Usa, l’impero americano è recente solo militarmente, ma i suoi modi prepotenti dominavano già a fine Ottocento. Uno che abbia scorso le avventure, anche manesche, del capitale americano di fine Ottocento, le ritrova pari pari un secolo dopo, da vent’anni a questa parte, nei padroni della rete, da Bill Gates a Brin e Page, e a Zuckerberg e Jack Dorsey, passando per Steve Jobs del “think different”. Tutti dismissivi, in jeans, democratici, per i diritti civili e l’ambiente, ma aggresivissimi. Monopolisti duri. Comprese le guerre intestine, non per modo di dire.
Egualizzatrice
e libertaria – la Crusca ha deciso che internet è femminile. Redentrice di
tutte le insufficienze, di lingua e linguaggio, di mente, di spirito, di animo.
Abolizionista di ogni eccellenza. Liberatrice di ogni pulsione tenuta ai
margini – che non sono quelle sessuali, “liberate” probabilmente da sempre, di
fatto, ma di gusto, rispetto, forma, verità.
Entrando
in facebook e twitter, si entra in un
distinto “disagio della civiltà”. Un mondo che qualche anno fa si sarebbe detto
medievale, brumoso e indistinto, malgrado le tante foto lusinghiere
coloratissime, e il tono leggero, da pettegolezzo e sfogo: è una realtà per i
molti, “la” realtà. Non c’è bisogno di citazioni, ognuno può fare agevolmente
l’esperienza, sono mondi che si vogliono aperti. Anche se poi l’unica apertura
è alla pubblicità.
Con una
incongruenza da spiegare: che un mezzo così liberale come la rete promuova lo
sfaldamento psicologico, sociale (familiare, territoriale, nazionale, politico)
e culturale. Verso nessun altro orizzonte che il torpore in veste di
formicolio, l’assoggettamento in veste di liberazione, la semplicioneria, l’ottusità,
l’inerzia di ogni capacità di riflessione (critica, di scelta). Un mondo
brillante di desolazione.
Kennedy – L’assassino assassinato è
figura ricorrente dei complotti. In Italia si ricorda Anteo Zamboni, il
quindicenne che attentò a Mussolini in visita a Bologna nel 1926. Figlio di
anarchici divenuti fascisti. Il ragazzo fu fermato dal tenente di fanteria
Carlo Alberto Pasolini, fascista e padre di Pier Paolo, e linciato sul posto da alcuni
squadristi. Mussolini sospettò un attentato dei fascisti frondisti, Arpinati di
Bologna o Farinacci di Cremona. Ma dopo le prime indagini, esaurito l’effetto
intimidatorio sui frondisti, fece processare e condannare i familiari di Anteo.
Che dopo qualche ano graziò.
Suicidati – Ritorna, con la ricorrenza delle
stragi milanesi, e il “malore attivo” di Pinelli che le ha concluse, la
categoria del “suicidato”, dell’assassinio camuffato da suicidio. Il caso è semplice, e ha
molti precedenti (ci sono molti precedenti nelle stragi di Milano: Valpreda per
esempio, era Franti, quello del “Cuore” – uno che, seppure non tirava palle di
neve, e neppure bombe, sicuramente “lo metteranno all’Ergastolo”, un
predestinato). Pinelli alla finestra è Grimau, il patriota spagnolo. O Salsedo,
che però cadde da un quattordicesimo piano, l’America fa tutto in grande - fu
per denunciare la morte di Andrea Salsedo che Sacco e Vanzetti ci rimisero la
pelle, non si accusa la polizia invano. Anche Juliàn Grimau era interrogato in
questura a un secondo piano, seduto su una sedia attorniato da poliziotti, di
cui eludeva la guardia a un certo punto buttandosi dalla finestra aperta:
l’anarchico, quando è scoperto, compie “il folle gesto”, si butta. Pinelli ha
fatto di più, è morto.
astolfo@antiit.eu
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