sabato 30 novembre 2013

Il mondo com'è (155)

astolfo

Antifascismo – Fa sempre testo la novella che undici professori universitari rifiutarono il giuramento al fascismo. Solo undici, su mille, o millecento. E tutti quelli che non ebbero la cattedra perché rigiurarono il giuramento o semplicemente erano invisi al regime?
Si vogliono gli intellettuali conformisti e il fascismo popolare. La popolarità del fascismo, l’invenzione di De Felice, fa aggio bizzarramente su ogni altro aspetto nello stesso antifascismo. Ed è oggi maggioritaria se non  unanime, al fondo dei tanti allarmi “fascismo! fascismo!”: è scomparsa l’Italia che si opponeva. Che per forza era minoritaria. Ma quanto ampia.

Cina-Giappone – Per la prima volta nella storia dei due paesi, dalla prima guerra di Corea nel 1894,  la bilancia è a favore della Cina, politica e militare, e anche economica. In parte anche diplomatica: come già per la Germania Ovest e per l’Europa, gli Usa fanno tutt’uno col Giappone, ma per meglio assestare e rafforzare l’intesa non dichiarata con la Cina, con la quale reggono il mondo della globalizzazione.
Due potenze sempre in lite, dacché il Giappone si rinnovò nel secondo Ottocento, sulle tracce dell’imperialismo euro-americano. Col Giappone sempre vincente. Ora è la Cina che cerca il ruolo del Giappone fine Ottocento, in espansione, economica e strategica. Con una supremazia, sul fronte bilaterale, incontestata: per il disarmo giapponese, e per l’enorme duttilità cinese, economica, militare e diplomatica.

Roma e altre città soni invase da un paio d’anni da una ristirazione mista, in sé incompatibile, cino-giapponese. Sono sempre cinesi che fanno anche cucina giapponese (coi nomi delle ricette giapponesi se non con la qualità) – come la fanno thailandese, malese, vietnamita, e perfino coreana. Ovunque ci sia profumo di affari.  

Imperialismo - Si ricorda l’impero romano perché durò a lungo e costruì molto, con materiali durevoli, ma più perché fu un modello di civiltà. Che tutti i popoli sottomessi vollero fare propri. Una “forza” che si propagò anche dopo la caduta dell’impero.
È quello che manca nell’imperialismo (ordine internazionale) contemporaneo. Gli Usa non legittimano. E non si legittimano. Da venticinque anni non hanno più nemico planetario, e neanche locale – non si può considerare il terrorismo islamico un nemico per una potenza planetaria. E tuttavia non propongono e non chiedono nulla. Anche il “modello della libertà”, che gli Usa propongono, coi “volenterosi” quali l’Italia, in mezzo mondo, richiederebbe grande durezza: l’equivoco dell’imperialismo americano è forse questo, che la libertà marci con i suoi piedi.

Internet – È campo di battaglia monopolistico come un secolo e mezzo fa potevano esserlo le ferrovie o il petrolio – parliamo sempre degli Usa, l’impero americano è recente solo militarmente, ma i suoi modi prepotenti dominavano già a fine Ottocento. Uno che abbia scorso le avventure, anche manesche, del capitale americano di fine Ottocento, le ritrova pari pari un secolo dopo, da vent’anni a questa parte, nei padroni della rete, da Bill Gates a Brin e Page, e a Zuckerberg e Jack Dorsey, passando per Steve Jobs del “think different”. Tutti dismissivi, in jeans, democratici, per i diritti civili e l’ambiente, ma aggresivissimi. Monopolisti duri. Comprese le guerre intestine, non per modo di dire.
Egualizzatrice e libertaria – la Crusca ha deciso che internet è femminile. Redentrice di tutte le insufficienze, di lingua e linguaggio, di mente, di spirito, di animo. Abolizionista di ogni eccellenza. Liberatrice di ogni pulsione tenuta ai margini – che non sono quelle sessuali, “liberate” probabilmente da sempre, di fatto, ma di gusto, rispetto, forma, verità.
Entrando in  facebook e twitter, si entra in un distinto “disagio della civiltà”. Un mondo che qualche anno fa si sarebbe detto medievale, brumoso e indistinto, malgrado le tante foto lusinghiere coloratissime, e il tono leggero, da pettegolezzo e sfogo: è una realtà per i molti, “la” realtà. Non c’è bisogno di citazioni, ognuno può fare agevolmente l’esperienza, sono mondi che si vogliono aperti. Anche se poi l’unica apertura è alla pubblicità.
Con una incongruenza da spiegare: che un mezzo così liberale come la rete promuova lo sfaldamento psicologico, sociale (familiare, territoriale, nazionale, politico) e culturale. Verso nessun altro orizzonte che il torpore in veste di formicolio, l’assoggettamento in veste di liberazione, la semplicioneria, l’ottusità, l’inerzia di ogni capacità di riflessione (critica, di scelta). Un mondo brillante di desolazione.

Kennedy – L’assassino assassinato è figura ricorrente dei complotti. In Italia si ricorda Anteo Zamboni, il quindicenne che attentò a Mussolini in visita a Bologna nel 1926. Figlio di anarchici divenuti fascisti. Il ragazzo fu fermato dal tenente di fanteria Carlo Alberto Pasolini, fascista e padre di Pier Paolo, e linciato sul posto da alcuni squadristi. Mussolini sospettò un attentato dei fascisti frondisti, Arpinati di Bologna o Farinacci di Cremona. Ma dopo le prime indagini, esaurito l’effetto intimidatorio sui frondisti, fece processare e condannare i familiari di Anteo. Che dopo qualche ano graziò.

Suicidati Ritorna, con la ricorrenza delle stragi milanesi, e il “malore attivo” di Pinelli che le ha concluse, la categoria del “suicidato”, dell’assassinio camuffato da suicidio. Il caso è semplice, e ha molti precedenti (ci sono molti precedenti nelle stragi di Milano: Valpreda per esempio, era Franti, quello del “Cuore” – uno che, seppure non tirava palle di neve, e neppure bombe, sicuramente “lo metteranno all’Ergastolo”, un predestinato). Pinelli alla finestra è Grimau, il patriota spagnolo. O Salsedo, che però cadde da un quattordicesimo piano, l’America fa tutto in grande - fu per denunciare la morte di Andrea Salsedo che Sacco e Vanzetti ci rimisero la pelle, non si accusa la polizia invano. Anche Juliàn Grimau era interrogato in questura a un secondo piano, seduto su una sedia attorniato da poliziotti, di cui eludeva la guardia a un certo punto buttandosi dalla finestra aperta: l’anarchico, quando è scoperto, compie “il folle gesto”, si butta. Pinelli ha fatto di più, è morto.

astolfo@antiit.eu 

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