Alfano e Schifani in Sicilia, Formigoni e Lupi in Lombardia: nasce
siculo-lombardo il muovo partito ex berlusconiano. E nasce democristiano, ex.
Gli altri protagonisti, Quagliariello, liberale, e Cicchitto, socialista, non
hanno voti. Nasce anche distintamente governativo, ministeriale. Senza se e
senza ma, è la divisa di Alfano e Schifani, che suona però: comunque al
governo.
Storicamente, dovrebbe essere una formazione determinante: Sicilia e
Lombardia, le due regioni più popolose, si pregiavano con la “vecchia”
Repubblica di determinare le “formule” politiche nazionali – le formule, non le
politiche, dove la Sicilia ha contato solo per le briciole (il sottogoverno).
Le due regioni sono state anche a lungo solidamente democristiane, e quindi il
nuovo partito dovrebbe costituire il passo decisivo per un ritorno al centro,
al neo guelfismo se non più al confessionalismo – i vescovi diffidano.
Si vedrà presto, fra sei mesi, alle elezioni per il Parlamento Europeo.
Alle Europee si vota col proporzionale, per cui tutti possono cantare vittoria.
Per questo o quell’aspetto, se non per l’insieme. Ma due fattori potrebbero già
risultare dirimenti. Il ministerialismo potrebbe pesare negativamente, per il
fallimento annunciato del governo: più tasse e nessun beneficio. A Milano. In
Sicilia, Alfano lascia campo libero, col suo ineffettuale Castiglioni, a Romano
e Micciché, che nelle lezioni pre-Alfano assicuravano a Berlusconi tutti i
parlamentari dell’isola.
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