Una Costituzione senza governo. Che lascia
ai partiti, entità che non disciplina. È questa la realtà dell’Italia, oltre le
mozioni degli affetti, Benigni con la costituzione nata dalla Resistenza,
Rodotà con gli intoccabili.
Si fa in Germania un governo, l’ennesimo,
tra democristiani e socialisti, che non si sopportano, perché così vuole la
Costituzione. Si fa con una lunghissima trattativa, ma si fa. La Costituzione
tedesca è nata anch’essa, come quella italiana, in reazione alla dittatura, ma
impone che solo un governo possa scacciarne un altro, non uno Scilipoti
qualsiasi o un voto parlamentare a sorpresa – quando qualcuno è al gabinetto
(in Italia è successo pure questo). La
Costituzione italiana ha un capitolo dedicato al governo, ma non lo prevede: il
governo non ha status e non ha autonomia – dai partiti e i loro tentacoli, dai
poteri costituiti (burocrazia, giustizia, soldi), dall’opinione pubblica. Un
capitoletto, di malavoglia: quattro articoli più uno, in cui non si dice
niente.
Questa mancanza è anche all’origine della
corruzione, oltre che dell’inefficienza. Un piccolo Max Weber italiano, se ci
fosse ancora dignità intellettuale, non avrebbe difficoltà a dimostrare che demandare
il governo a entità inesistenti, i partiti, è autorizzare e fomentare la
corruzione. In senso proprio, dell’appropriazione della spesa pubblica, e in
senso politico, dell’assunzione di tutte le funzioni pubbliche, a partire dalla
cooptazione dei parlamentari.
Non è la sola mancanza della Costituzione.
La Costituzione vuole la Repubblica parlamentare, ma i parlamentari non sono
eletti, sono cooptati. Non da ora, cioè non dal “porcellum”, dagli eletti nominati dai partiti.
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