La fede come
luce – ascolto e insieme visione. Come amore. Come verità. Nulla di nuovo, è
sant’Agostino, “Commento all’epistola di san Giovanni ai Parti”, il “tractatus”
che costituì collazionando le prediche pasquali dal 413 al 418: Dio è amore, luce, vita. Un’appropriazione
che lascia scoperti i non credenti - “Alla filosofia è necessario Amore” è Giordano Bruno. È tuttavia un appello ai laici, quale si
vuole - l’esclusione è argomentata. E
“il credente”, si dirà in fine, “non è arrogante”, non deve e non può esserlo: “La
verità lo fa umile”, per la stessa sicurezza che infonde, “e rende possibile la
testimonianza e il dialogo”.
Si parte da
una constatazione: “La fede fa grande e piena la vita”. È vero. Qualsiasi
lettore, anche solo di Harry Potter, lo sa. È un dono gratuito, però. Ed è un
dono d’amore: “Credere significa affidarsi a un amore misericordioso che sempre
accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si mostra potente
nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia”. Anche questo
è vero, la provvidenza c’è, poiché non ci siamo suicidati, non del tutto. Ma ci
sono degli esclusi dall’amore di Dio? Possono
essercene? E l’inferno? E l’eresia?
“Se non
crederete, non comprenderete” o “Se non crederete, non sarete saldi”, le due
versioni di Isaia, 7,9, quella della traduzione greca dei Settanta e quella
ebraica, l’enciclica ne rende conto unificandole: dicono la stessa cosa. Perché
no, saldi e salvi sono la stessa cosa. Ed è anche vero che se non si crede non
si comprende. E credere è un atto unico, sia indirizzato a Dio o alla
filosofia: è il modus operandi dello
scienziato, della ricerca scientifica.
Viene poi il
capitolo oggi conteso della verità. Fede e ragione si rafforzano a vicenda,
papa Francesco dice con Benedetto XVI, coautore dell’enciclica - e col predecessore,
già beato, Giovanni Paolo II, che promosse il mea culpa su Galileo,
“Fides et ratio”. Verità è amore, aggiungono. Cioè fede. Per immedesimazione:
“Colui che confessa la fede, si vede coinvolto nella verità che confessa”.
Perché la conoscenza è relazionale: “La stessa coscienza di sé è di tipo
relazionale… Il linguaggio stesso”. E per un terzo motivo.
Perché, dice
l’enciclica, “la fede risveglia il senso critico”. Questo non è vero. Ma è vero
in confronto all’arroganza di certo laicismo, che è solo anticlericalismo,
tanto sufficiente quanto superficiale – quello, stranamente, cui papa Francesco
indulge nelle sue performances. Queste enciclica fu divisata da Benedetto XVI, che poi rinuncerà al suo mandato proprio, disse, per le difficoltà che il mondo contemporaneo pone alla fede. Malgrado i riferimenti rituali, alla Luce, ai testi sacri, etc., è una enciclica che sancisce una incertezza. Che è altro dalla fede.
Papa
Francesco, Lumen Fidei, Edb, pp. 72 € 2,20
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