Confessione – Sarebbe la penitenza – siamo in
epoca penitenziale. Si confessano i peccati, per l’assoluzione dei quali si fa
una penitenza. Il “Confiteor” è la confessione dei peccati.
Italiano - La “Dante Alighieri”, che non ha
più dallo Stato in Italia nemmeno i pochi fondi per la rappresentanza, si
finanzia con i corsi all’estero: sempre più persone nel mondo studiano
l’italiano. È l’effetto della globalizzazione, che ha introdotto nel “mercato”
miliardi di “nuove” popolazioni. Ma è indubbio che la lingua suscita ancora
richiamo, per essere parlata da un “mercato” di soli 60 milioni di persone. Quasi,
pare, alla pari del francese.
Milano – Mai tanto trascurata che da
quando fa la politica, l’opinione e la letteratura in Italia. Dionisotti oggi avrebbe
solo da lamentare se stesso, insomma il Nordico. Gli studi nordici, di Folena, Roscioni,
Contini, Dionisotti stesso, hanno lasciato Milano prosciugata. Dimenticati totalmente
Parini e Porta, che fecero la letteratura in mezza Europa, da Pietroburgo a Lisbona,
e anche il Manzoni poeta non se la passa bene. Con tutti gli altri - Dossi,
Arbasino, Testori è come se non esistessero. Si parla di Gadda perché, ancora,
vende – e poi è stato toscano e romano, lo difende bene il Centro. Non “esistono”
le grandi basiliche ambrosiane. E anche la Scala non se la passa bene, con
produzioni mediocri.
Poesia – “Che ce ne facciamo dei poeti
(wozu Dichter) nel tempo del bisogno?”. È verso di Hölderlin, dell’elegia
“Pane e vino”. Che Heidegger legge come poesia della fine della poesia, dopo la
fine di Dio. Di un poeta che invece continuò a poetare anche nella follia,
lunga più della sua vita attiva.
Proust – L’immagine è insistente della
“Ricerca” come di un bordello. Un mondo vasto, e estenuato, huysmansiano, ma
chiuso: gli odori, i sapori, i suoni, l’infanzia, le zie, la politica, sono stanti
o vengono da fuori, e restano infine fuori, se vive: il mondo della “Ricerca”
sa di diverso. Con spreco di lussi anche e di titoli ma asfittico, senza aria:
monomaniaco. Attorno a una certa concezione dell’amore, legata al sesso,
colpevolizzato (rifiutato o condannato). Vissuto nella colpa, visto come perversione
– Proust lo considera così. Al meglio vissuto come un coitus interruptus,
la “karezza” della dottoressa Alice Stockham, a orgasmo sospeso.
Lo stesso Proust, che al liceo
non si nascondeva, aveva elaborato una forte censura sociale (familiare,
borghese) sul sesso, che personalmente visse come peccato e vergogna. Da qui il
modo di procedere nella narrazione di “pervertiti”, al quale l’Autore si
professa estraneo. Céleste Albaret è morta nel 1984 giurando fino alla fine
sulla eterosessualità del suo padrone, o almeno sulla sua non omosessualità –
uno che in definitiva aveva conosciuto del sesso quello che considerava una degradazione.
Scrivere - Era un esercizio,
severo e incerto. Ora scriviamo tutti, messaggiamo, twittiamo, raccontiamo. Potendoci
auto editare online. Come sembrano remoti le inchieste e i manuali “Perché scrivete?”
Venezia - È, non da
ora, sotto lo stigma di “Morte a Venezia”. Disfacimento, putredine, afrore,
impossibilità di pensare. Un’immagine che via via, lungo un secolo ormai, ha
determinato la cosa. Per Venezia tanto più, che non è città “naturale”, di collie,
portuale, di fiume (anse, incroci), ma essenzialmente umana: scavata,
“fondata”, arginata, contro un natura mai doma e semrpe inclemente, variamente
– friabilità, maree, paludismi.
Venezia
può anche essere viva e pulsante. Ma non può vincere la maledizione di Thomas
Mann.
letterautore@antiit.eu
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