E ora, Cancellieri? non potrà più fare il ministro. Quello che Letta e
Napolitano presentano come un consolidamento del governo, con le mancate
dimissioni del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri,
azzopperà il governo stesso in uno dei suoi piani fondamentali – sulla
carta: il riordino della giustizia stessa. Il ministro resta ostaggio dei giudici che doveva
riformare.
Sulle finalità dei giudici, torinesi e romani, compresi i consiglieri
del ministero, non c’è dubbio: tutto è stato calendarizzato per indebolire il
ministro – non colpevole ma, eccetera. Quello che non si capisce, in questa
evidenza, è il senso dell’arrocco di Letta e Napolitano. Forse non volevano
essi stessi la riforma della giustizia? Sarebbe bastato che rinnovassero la
fiducia in Cancellieri, e ne accettassero le dimissioni, anche in omaggio alla
sua dirittura morale.
Anche sul piano personale, il bel gesto delle dimissioni, dopo la
professione d’innocenza a cui tutti credono, avrebbe dato lustro e spessore
politico a Anna Maria Cancellieri – che era papabile per il Quirinale, si ricorderà.
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