“Roma, la
Città Eterna, quel mattino riecheggiava del suono delle sue innumerevoli
campane, l’esercito occidentale aveva, infatti, riportato una vittoria in Afghanistan”. Questo è improbabile, ora come allora. E
infatti il papa non ci crede. Scorrendo “i giornali a uno a uno”, mormora “con
voce lugubre: Signore, Signore, perché ci abbandoni?” Si chiama Pio XIII, e
forse per questo la serie d’improvviso s’è interrotta al Pio XII – dopo Pio XII
ci sarà un ultimissimo papa, e si chiamerà Benedetto, nel libro beninteso.
Pubblicata a
Parigi nel 1931, la profezia s’inquadra nel “pericolo giallo”, che già
ottant’anni fa infettava la “capitale dell’Occidente”. Il manifesto surrealista
del 1925 l’aveva già proclamato: “Spetta ai Mongolo accamparsi ora nelle nostre
piazze”. Per questa riedizione con più verosimiglianza.
In apertura,
un refuso mette i cavalli tartari e le orde “in marcia verso l’Oriente”, ma è
della caduta dell’Occidente che si parla. Preda delle orde asiatiche, che non
sarebbe una novità, e del femminismo. Questa seconda profezia non viene
sottolineata in questa riedizione, ma è la chiave della storia, più della
re-invasione. A capo dell’orda è una Diavola, l’Arcimaga, uscita dalle messe
nere. E con notevole anticipo sulla teologia femminista, che Dio vuole madre.
Nonché sull’ateismo contemporaneo, quello dello shopping, avido di ritualità – che è quello che i messaneristi
soprattutto invidiano ai religiosi, il sacerdozio (i paramenti, le
celebrazioni, le formule “magiche”). È un male? Gli autori, forse il satanista
Ernst Gengenbach e il surrealista Robert Desnos, opinano per il no. A capo
dell’orda c’è il piacere, in forma sadomaso. – il loro è un Occidente in vena
di correzioni.
Il racconto
non è all’altezza della visione. L’Arcimaga ha una segretaria-schiava, “bionda
e affascinante, alta e magra, il viso di un ovale puro, e lunghi occhi peni di
sorprese”, che domina col feticismo, e alla cinquantesima pipa d’oppio diventa
la sua servizievole amante. Valentina è molto meglio. La fine dell’Europa
invece non è altrettanto ovvia. Crocifisso e bruciato il papa Pio XIII, resta
il problema di eliminare tutte le croci del mini-continente. Che sono tante:
quelle dei cimiteri, quelle dell’elsa delle spade, sia pure di rappresentanza,
gli incroci stradali, “la forma crociata di certi fiori campestri”, e le parole
crociate si potrebbero aggiungere. “Gli
elementi di resistenza morale erano forti e, malgrado il terrore, e la coda di
esecuzioni e deportazioni massicce, le popolazioni rimanevano fedeli, in fondo
al cuore”, fedeli all’Europa e a se stesse. Resistono, e sconfiggono
l’invasore. Al comando in un giovane papa, che si farà chiamare Benedetto
XVIII, un ninja della resistenza,
invincibile, invisibile. La guerra, insomma, non è perduta, non ancora.
La storia non
finisce qui: il papa ninja soggiacerà
al “mistero della donna”, e sarà la fine di tutto. Ma questa è un’altra storia:
il surrealismo – Desnos ne è uno degli alfieri – sarà stato in realtà una
ghenga d’uomini, in petto
antifemminista
Jehan
Sylvius-Pierre de Ruynes, La papessa del diavolo, Castelvecchi,
pp. € 14,50
Nessun commento:
Posta un commento