domenica 10 novembre 2013

Surrealista è la difesa del maschio, e dell’Europa

“Roma, la Città Eterna, quel mattino riecheggiava del suono delle sue innumerevoli campane, l’esercito occidentale aveva, infatti, riportato una vittoria in Afghanistan”.  Questo è improbabile, ora come allora. E infatti il papa non ci crede. Scorrendo “i giornali a uno a uno”, mormora “con voce lugubre: Signore, Signore, perché ci abbandoni?” Si chiama Pio XIII, e forse per questo la serie d’improvviso s’è interrotta al Pio XII – dopo Pio XII ci sarà un ultimissimo papa, e si chiamerà Benedetto, nel libro beninteso.
Pubblicata a Parigi nel 1931, la profezia s’inquadra nel “pericolo giallo”, che già ottant’anni fa infettava la “capitale dell’Occidente”. Il manifesto surrealista del 1925 l’aveva già proclamato: “Spetta ai Mongolo accamparsi ora nelle nostre piazze”. Per questa riedizione con più verosimiglianza.
In apertura, un refuso mette i cavalli tartari e le orde “in marcia verso l’Oriente”, ma è della caduta dell’Occidente che si parla. Preda delle orde asiatiche, che non sarebbe una novità, e del femminismo. Questa seconda profezia non viene sottolineata in questa riedizione, ma è la chiave della storia, più della re-invasione. A capo dell’orda è una Diavola, l’Arcimaga, uscita dalle messe nere. E con notevole anticipo sulla teologia femminista, che Dio vuole madre. Nonché sull’ateismo contemporaneo, quello dello shopping, avido di ritualità – che è quello che i messaneristi soprattutto invidiano ai religiosi, il sacerdozio (i paramenti, le celebrazioni, le formule “magiche”). È un male? Gli autori, forse il satanista Ernst Gengenbach e il surrealista Robert Desnos, opinano per il no. A capo dell’orda c’è il piacere, in forma sadomaso. – il loro è un Occidente in vena di correzioni.
Il racconto non è all’altezza della visione. L’Arcimaga ha una segretaria-schiava, “bionda e affascinante, alta e magra, il viso di un ovale puro, e lunghi occhi peni di sorprese”, che domina col feticismo, e alla cinquantesima pipa d’oppio diventa la sua servizievole amante. Valentina è molto meglio. La fine dell’Europa invece non è altrettanto ovvia. Crocifisso e bruciato il papa Pio XIII, resta il problema di eliminare tutte le croci del mini-continente. Che sono tante: quelle dei cimiteri, quelle dell’elsa delle spade, sia pure di rappresentanza, gli incroci stradali, “la forma crociata di certi fiori campestri”, e le parole crociate si potrebbero aggiungere.  “Gli elementi di resistenza morale erano forti e, malgrado il terrore, e la coda di esecuzioni e deportazioni massicce, le popolazioni rimanevano fedeli, in fondo al cuore”, fedeli all’Europa e a se stesse. Resistono, e sconfiggono l’invasore. Al comando in un giovane papa, che si farà chiamare Benedetto XVIII, un ninja della resistenza, invincibile, invisibile. La guerra, insomma, non è perduta, non ancora.
La storia non finisce qui: il papa ninja soggiacerà al “mistero della donna”, e sarà la fine di tutto. Ma questa è un’altra storia: il surrealismo – Desnos ne è uno degli alfieri – sarà stato in realtà una ghenga d’uomini, in petto antifemminista
Jehan Sylvius-Pierre de Ruynes, La papessa del diavolo, Castelvecchi, pp.  € 14,50

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