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martedì 10 dicembre 2013

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (191)

Giuseppe Leuzzi

La questione meridionale è tutta qui: il Sud fa parte dell’Italia, ma l’Italia si ferma a Roma. Se venendo dal Sud oppure dal Nord, questo non importa.

Matteo Salvini, capo eletto della Lega, deputato europeo, così salutava, in rima, la festa di Pontida nel 2008: “Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani. Sono colerosi e pure terremotati. Con il sapone non si sono mai lavati”.
È pure vero che Napoli era ingombra di rifiuti. Che nessuno portava via – ma i napoletani, perchè producono rifiuti?

Il ritorno, il rifiuto
L’emigrante à di paese, rari sono quelli di città – gli emigranti per antonomasia, in paesi remoti,  Australia, Canada, Sud America. Qualcuno ritorna per rivedere i parenti, quindi con piena cognizione del fatto. I più ritornano normalmente per la festa del santo patrono, della Madonna – per devozione, per scongiuro, per un debito di formazione verso i figli sulle proprie origini. Ma anche in queste occasioni, in cui si presume che non disturbino, debbono “difendersi”: chi ha fatto che, anche le vite semplici o fallite devono illustrarsi.
La scoperta più comune in questi casi, di ritorni occasionali, senza propriamente nostalgia, è che hanno fato fortuna. Il tipo imprenditore: gente che possedeva oppure ha appreso un mestiere e l’ha messo a frutto, non consumando ma risparmiando e investendo, energie e soldi. Sono anche quelli ch tornano accompagnati da bei figli, tutti sempre distanti, inquieti, curiosi ma ansiosi di ripartire. Portati in paese con la scusa di far loro vedere Roma o Venezia: E che per questo, per questa pausa obbligata, finiscono per rifiutare tutta l’Italia, posto e concetto. Se interpellati infatti, anche in inglese per non metterli in difficoltà, non dicono nemmeno “buongiorno”, non dicono nemmeno “scusi, che ha detto?”, piuttosto non parlano. Il rifiuto è di pancia, violento.
L’emigrazione è una sfida. Ma anche una perdita, di un modo di essere se non della propria esistenza.

È il Sud che comanda al Nord?
Si moltiplicano gli arresti, le condanne e le confische di mafiosi e beni di mafiosi a Roma e al Nord. Come se una colonizzazione fosse intervenuta di Roma e del Nord (Milano, mezza Lombardia, Torino, mezza Liguria) da parte della mafia.  Non dell’uso delle mafie a Roma e al Nord per i guadagni facili: droga, tagenti, usura, sottogoverno?

Calabria
Le “Indias de por acà” del gesuita Juan Xavier nel 1561 da Cosenza, dov’era stato mandato in esplorazione (v. il nostro “Fuori l’Italia dal Sud”, 1992) sono sempre state il luogo maledetto del maledetto Regno delle due Sicilie. Il marchesino de Custine, che prima che in Russia fu giovin signore in Calabria, attorno al 1812, alla ricerca di uomini robusti, dice che in Francia usava dire, di qualcuno che era finito male: “Gira per la Calabria”.

La Madonna di Porto, a Gimigliano, allatta il Bambino: è una madre che allatta. Mark Rotella, “Stolen figs”, la trova anglo-faced.
La Madonna di Porto è oggetto di molti studi di antropologia religiosa. Ma poco si fa caso dell’allattamento, molto invece dei riti che ne accompagnano le celebrazioni.

“Gente in Aspromonte”, la raccolta di racconti di Corrado Alvaro, è  “Revolt in Aspromonte” nella traduzione inglese di Franes Frenaye, 1962.

I primi ‘ndranghetisti erano chiamati a Vibo Valentia “spanzati” – si trovano in Vito Teti, “Maledetto Sud”. Spanciati, pancia all’aria, cioè non curvi al lavoro.
Ora se ne privilegia la cupola. O la piramide, la società ben organizzata, il secondo e il terzo livello, e il controllo del territorio, per una glorificazione malgrado tutto, nemmeno tanto surrettizia. Mentre sono solo scioperati – ora, impuniti, violenti.

Paparazzo, prima che il fotografo invadente immortalato da Fellini, era il proprietario dell’albergo di Catanzaro che accudì infine bene, fino ad annoiarlo con le pressanti premure, lo scrittore George Gissing in viaggio lungo lo Ionio nel 1897. Non è escluso, anzi è certo, che Fellini mediò il nomignolo da un fotografo di nome Paparazzo.

Lo “jettatore” di “Jettatura”, il racconto di Gautier, si chiama Paul d’Aspremont.

Teti cita uno dei grandi alienisti di fine Ottocento, R. Pellegrini, “Il manicomio di Girifalco e la pazzia nella provincia di Catanzaro”, che “il popolo calabrese” diceva “convulsionario, come la terra che egli calpesta”.

Maida Hil e Maida Vale a Londra derivano il nome da Maida, il paese in provincia di Catanzaro dove il corpo di spedizione inglese, comandato da John Stuart, sconfisse l’esercito napoleonico nel 1806. La celebrata battaglia di Maida vide la prima sconfitta delle truppe napoleoniche. L’epopea ne ha tracciato in sottofondo Gay Talese, “Unto the sons” – che per questo non ha avuto fortuna in Italia?

Il corpo di spedizione inglese, forte di 4.800 uomini, fu fatto sbarcare da Stuart a Lamezia l’1 luglio. E il 4 luglio sconfisse nell’entroterra, a Maida, i francesi del generale Reynier. Il generale Stuart, che il re Borbone a Palermo fece subito duca di Maida, era nato negli Stati Uniti, in Georgia, e aveva iniziato la carriera combattendo contro Washington. Fu richiamato dopo il successo di Maida, ma un anno dopo ottenne il comando del Mediterraneo e lo tenne fino al 1810. Subito dopo Maida, e nel successivo comando, assediò due volte il castello di Scilla, sotto il quale i francesi avevano raccolto la flotta per lo sbarco in Sicilia, che così prevenne con successo.

Per tre anni, dal 1806 al 1809, gli inglesi insidiarono le truppe francesi in Calabria, di Giuseppe Bonaparte prima e poi di Murat, col sostegno di forze locali dette massiste, contrarie alla levée en masse, la leva obbligatoria che i francesi introducevano col codice civile. Il marchese de Custine, in viaggio in Calabria nel 1812, dirà lo schieramento massista forte di ottomila uomini.

La ‘ngiuria
“Che significa l’ingiuria?”, argomenta Oscar Wilde nel saggio sul socialismo (“L’anima dell’uomo nella società socialista”): “Ciò che si dice di un uomo non cambia quest’uomo: egli è ciò che è. L’opinione pubblica non ha alcun valore”. Non è vero, il contrario è vero: l’ingiuria fissa un uomo – il nome, la famiglia, i figli. A uno stato, a un modo di essere, di dire, di fare.
Se ne può fare un libro d’oro: alcuni soprannomi, anche poco significativi o balzani, si tramandano nella stessa famiglia per generazioni. Nomi di famiglia cioè, dinastici, più che della persona, che si possono prolungare per generazioni - i famosi quattro quarti di nobiltà. Talvolta il nome iscritto all’anagrafe è all’origine un soprannome. Che però più spesso nasce dal malanimo. Ne è l’ipostatizzazione, e una sorta di monumento alla cattiveria.

Il termine meridionale è più vasto di quello classificato nel vocabolario: i soprannomi sono ‘ngiurie. Il soprannome condensa stati o situazioni pregresse, o ne cristallizza di momentanee, con effetto sempre diminutivo. Anche quando è ridondante, presuntamente elogiativo o gratificante. Esprime un dispetto. Quando non è scopertamente spregiativo (cattivo).

leuzzi@antiit.eu 

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