Il titolo è
legato al film di Buñuel, che
però è del 1967, quando Buñuel
aveva perduto l’odore di zolfo – lo vira alla “critica della borghesia” (Leone d’Oro a Venezia, presidente
Moravia). Come
De Oliveira, che l’ha rifatto sette anni fa, “Bella sempre”, e ci voleva gli
stessi protagonisti (Piccoli partecipò, Catherine Deneuve no) di quarant’anni
prima, nei loro settant’anni invece che nei trenta. Il racconto è un
crescendo di tensioni. Con un finale sbilenco, d’azione, ma ogni pagina è una
degradazione, passiva, non si può dire nemmeno subita. Non una storia di
masochismo, è il romanzo dell’animalità, contro ogni ragione e sentimento.
Insostenibile, ma levigato: Kessel, che lo scrisse nel 1926, nato nel 1898 in
Argentina, da padre ebreo lituano, cresciuto in Russia, volontario
nell’aviazione francese a 18 anni, croce di guerra, commendatore,
grand’ufficiale, Legione d’Onore, sarà nel 1962 accademico, con alamari e
spadino. Nel titolo del resto evoca “Le belle della notte”, film ncora celebre di René Clair, 1952, con Gérard Philippe e Gina Lollobrigida.
Il risvolto
vuole Sévérine, che si prostituisce per nessuna ragione, dalle tre alle cinque del pomeriggio, vittima di una trauma
infantile, ma nel racconto non ce n’è traccia. Né Kessel è dell’opinione
disidratata di Moravia - “il piacere che l’uomo e la donna si procurano l’un
l’atra Non differisce che in apparenza dalla prostituzione”. No, Sévérine è
donna di sentimenti forti, legatissima al marito benché frigida con lui. In
realtà è tutto detto all’inizio: l’urgenza del corpo. Lo dice lui, chirurgo, a
lei, che ne è invece la ministressa: “Il gusto della carne fino alla follia e
alla morte – e non c’è arte più contagiosa della carnale”. Per cui lei, che
prova disgusto la notte col marito amato, fa quello che gli rifiuta, senza traumi, nella
casa d’appuntamenti, seppure solo per due ore, il pomeriggio.
È un
prolungamento del Secondo Ottocento francese, poi Belle Epoque e Fine Secolo –
che durerà a Parigi negli Anni Folli fino
alla guerra, la seconda, fin dentro l’Occupazione. Pieno di romanzi sulla
donna-carne. Carne più che corpo. E quindi di prostitute, le “orizzontali” – è strano,
ma non ci sono altre “eroine” in un secolo di romanzi francesi pure buoni, in
Proust per esempio. Anche qui: non c’è la Storia, né la psicologia, c’è questa
donna animale non domestico, non domesticabile. Implausibile? Kessel aggira la
psicologia col diciottesimo secolo, la frase gira come nei “Legami pericolosi”,
il genere è Laclos. Anzi diciassettesimo: da “preziose”, frigide e curiose. Con
la “carta del tenero” non più dei sentimenti ma degli istinti.
Joseph Kessel,
Bella di giorno, e\o, pp. 164 € 14
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