domenica 22 dicembre 2013

Che ne direbbe Cristo, oggi?

L’idea è, apparentemente, semplice: che ci troverebbe Gesù oggi, duemila e rotti anni dopo la sua incarnazione, prodroma al sacrificio? Tutto il suo contrario. Che si tratti di convivere col diverso, e con se stessi, o di fare la fila all’autobus e dialogare al telefonino. Sullo sfondo, sempre, delle migliori intenzioni: l’Ultima Cena, la pace, la guerra, la solidarietà, l’utopia. Il testo di Fabio Filosofi mescola i registri, e domanda più che rispondere assertivo. Ma l’esito è scontato: non c’è Cristo in questa tarda cristianità.
Un’idea perfino troppo semplice, al punto da renderne difficile la drammaturgia. Gianni Licata ci approda con la fisicità, lo slancio dei corpi. A volte in un teatro-danza al limite della sarabanda, a volte col pantomimo. Che i colori netti sottolineano. In un palcoscenico coinvolgente, diffuso tra gli spettatori. Le parole si limitano a ritmare la minuta esemplificazione dell’ordinario quotidiano, gli atti, gesti, riflessi, reazioni, lontani dall’etica cristiana e forse da ogni etica, con cui scandiamo i nostri momenti. E anche questo contribuisce: un mondo senza parole pieno di parole.
L’esito è una sorta di esame di coscienza collettivo, pubblico. Degli attori con lo stesso pubblico a teatro. Con l’effetto di rimettere in gioco, in questa epoca sazia come mai prima nella storia, di pace e benessere, ogni concetto di superiorità e sicurezza. Una sorta di denudamento delle radici non cristiane del nostro cristianesimo. Si chiami esso Europa, Occidente, o anche solo il tragico a teatro: l’epoca che Filosofi e Licata mettono in scena è dell’afasia, stordita più che meravigliata, o pentita.
Fabio Filosofi del Ferro-Gianni Licata, Trentatré, teatro Lo Spazio, Roma

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