Molto Nuovo
Sacher, che però non disturba: l’egotismo morettiano, o il tutto-me, cabarettistico, dal
principio alla fine, e il tempo lento, la ripetizione, l’infanzia del cinema
iraniano. I ritratti di Boris Giuliano e del giudice Chinnici, i primi artefici
della vera guerra alla mafia poi dimenticati, sono commoventi. Ma l’irrompere
della vera mafia, coi filmati d’epoca, stride col sarcasmo della narrazione. Il
“doppio registro fatto di ironia e fredda presentazione dei fatti, in una
originale alternanza tra momenti comici e pugni allo stomaco” andrà bene in tv
ma disorienta al cinema e allontana.
Senza
contare - inevitabile paratesto - che Andreotti, l’“eroe” del bambino innocente, al centro di tante gag, si
reincarna (questione generazionale, solitudine, onnivorismo) in Renzi, che di “Pif”
è eroe vero, non per ridere. Alla fine il tono è “andreottiano” - non lo è, gli
manca il cinismo, ma per il resto sì. Il pubblico lo sente, che è molto per
bene.
Pierfrancesco
“Pif” Diliberto, La mafia uccide solo
d’estate, con Cristiana Capotondi, Maurizio Marchetti
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