sabato 28 dicembre 2013

Fare l’Andreotti con Andreotti

Molto Nuovo Sacher, che però non disturba: l’egotismo morettiano, o il tutto-me, cabarettistico, dal principio alla fine, e il tempo lento, la ripetizione, l’infanzia del cinema iraniano. I ritratti di Boris Giuliano e del giudice Chinnici, i primi artefici della vera guerra alla mafia poi dimenticati, sono commoventi. Ma l’irrompere della vera mafia, coi filmati d’epoca, stride col sarcasmo della narrazione. Il “doppio registro fatto di ironia e fredda presentazione dei fatti, in una originale alternanza tra momenti comici e pugni allo stomaco” andrà bene in tv ma disorienta al cinema e allontana.
Senza contare - inevitabile paratesto - che Andreotti, l’“eroe” del bambino innocente, al centro di tante gag, si reincarna (questione generazionale, solitudine, onnivorismo) in Renzi, che di “Pif” è eroe vero, non per ridere. Alla fine il tono è “andreottiano” - non lo è, gli manca il cinismo, ma per il resto sì. Il pubblico lo sente, che è molto per bene.
Pierfrancesco “Pif” Diliberto, La mafia uccide solo d’estate, con Cristiana Capotondi, Maurizio Marchetti

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