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giovedì 19 dicembre 2013

Il mondo com'è (157)

astolfo

Augusto – L’occupazione dell’Etiopia e la proclamazione dell’impero prepararono le celebrazioni di Augusto nel 1937, dell’Italia in veste imperiale e di Mussolini come il novello Augusto? Non in questa sequenza, non così ridicola, ma l’effetto fu quello. Mussolini non fu sconfitto in guerra, il fascismo si era già perduto negli anni del consenso, con l’impero, le sanzioni, l’isolamento. Nello stesso 1936 Mussolini s’ingolfava in Spagna a fianco di Franco. Ma le due imprese non ebbero lo stesso effetto. Fu l’impero a lasciarlo isolato, senza più scelta, in balia di Hitler.

Caetani  - Il palazzo Caetani a Roma condensa una serie di tragedie. Di fronte a uno dei suoi portoni fu abbandonato il cadavere di Moro nella R 4. Uno degli ultimi suoi abitanti, il maestro Igor Markevic, è adombrato da Fasanella e Rocca come il Grande Vecchio del terrorismo brigatista (“Il misterioso intermediario Igor Markevic e il caso Moro”). Nella biblioteca del palazzo Stendhal avrebbe trovato negli anni 1830 gli scartafacci degli orrendi casi di cronaca con cui intessé i racconti, “Cronache italiane”, di tradimenti (“passioni”), pugnali, veleni, decapitazioni, squartamenti. Il palazzo sorse a opera della famiglia Mattei, a fine Cinquecento, a chiusura del ghetto ebraico che si andava murando. E fu subito teatro di una delle più cruente faide cui i Mattei si lasciavano spesso andare. Diventò Antici Mattei nel primo Ottocento, quando l’ultima Mattei sposò Carlo Teodoro Antici di Recanati, zio materno di Giacomo Leopardi. E nell’inverno del 1822 ospitò il poeta, che fu consacrato dalla Roma che più s’illustrava negli studi di filologia – Niebuhr, Bunsen.
Lo spirito dei luoghi? È il luogo che attira la nomea, per una qualche fattura? È la nomea che caratterizza il luogo? Il Caetani è uno dei palazzi storici più aperti e variamente utilizzati. A volte le storie si trovano scritte – iscritte nei luoghi, ma perché la memoria è pigra.

Guerra – Nel 1914 scoppiò improvvisa, per l’attentato di Serajevo, ma era preparata da tempo, e a Berlino in primavera si dava per scontata, tutte le preparazioni erano state fatte. Apprezzato a Londra per il sense of humour, il kaiser spiegava al Daily Telegraph, in un’intervista a puntate, che le sue forze armate erano sul piede di guerra, ma contro il Giappone. Per la Cina.
Nel 1939 la guerra era attesa, anzi risaputa, ma non fu preparata. Nel 1939 il British Council commissionò a Britten e altri due musicisti inglesi una composizione per i 2.600 anni della dinastia imperiale giapponese – Britten propose la “Sinfonia da requiem”, che fu rifiutata. Si può anche dire che l’Europa si dissolveva fingendo di giocare di sponda sul Giappone.

Internet – “Non crede che la rete, rendendo tutto uniforme, possa diventare un pericolo per la cultura?” “No, penso che internet sia prima di tutto un canale di distribuzione”. La domanda è di Massmo Sideri, per “La lettura”, la risposta di Jacques-Antoine Granjon. Il creatore in Francia di Vente Privée, il sito di e-commerce secondo, benché a distanza, dietro Amazon. Granjon sa quindi di che si parla. Ed è – è nato – uomo di cultura: i profitti li ha investiti nel Théâtre de Paris.
Si dirà che gli albori democratici di internet, di cui ancora stiamo beneficiando, sono stati un bengodi?

Socialismo Resta anatemizzato, la parola come la cosa, in Italia, nella sinistra politica. Non se ne fa la storia, non si rievoca, anche i novant’anni della scissione nel 1921 sono passati in sordina, per non dire del fallimento del comunismo. La parola usa ancora nelle storie per il mondo socialista, o le repubbliche socialiste, o il socialismo scientifico, cioè per sovietismo che fu la sua negazione - di cui il comunismo vorrebbe non avere colpa, santificandosi sempre immacolato, seppure alla memoria. Altrimenti è taciuto. Per dire che qualcosa di positivo si fa nel suo nome si dice “socialdemocratico”. S’illustra perfino un “compromesso socialdemocratico”, quello della decontrattualizzazione e dei salari zero del cancelliere Schröder. Il compromesso storico, che pure passa di sconfitta in sconfitta, ora anche alle primarie, è invece sempre saldo nei cuori. O le dirigenze dei media (informazione, libri), come delle università e delle Procure, sono sempre in mano ai travet nostalgici.

TQ – Sono i trenta-quarantenni. Generazione X, anche Nerd, le generazioni giovani si qualificano per sigle. Come una comunità, cioè, di anonimi. Un derivato delle comunità che fanno la Rete. Senza spessore, senza storia, vittime volenterose del lager telematico: involontario, istintivista, libertario a livello elementare, basta l’alfabetizzazione basica, e perciò rivoluzionario. Di un protagonismo inerte, da scemi di paese, liberi d’impazzare in piazza.
La storia non è una freccia, e il ricambio generazionale non è un balsamo. Ma non è insignificante.

La storia di questo dopoguerra è breve, schematica: siamo stati l’“uomo funzionale” di Kertész, bene o male combattenti, seppure ignoti, del’ideologia gridata, siamo l’uomo fungibile della grande bonaccia (il mercato) del Millennio, uomini e donne.

astolfo@antiit.eu

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