Amore – Un ossimoro? Karoline von Günderode,
“Liebe”, ne fa in due brevi strofe una serie di ossimori: ricco e povero,
donatore e postulante, valente e timido, prigionia e libertà, parola e mutismo,
notturno di giorno, trionfante e timoroso, morto di vita, euforico e misero, resistente
nell’abbandono, gioioso e languido, vita nel sogno, una vita doppia.
Dante - Nel 2004 è stata pubblicata
un’edizione della “Divina Commedia” in milanese. In tre volumi. Con
illustrazioni originali di Alberto Schavi. Effetto Lega? O reimpossessamento
della lingua?
Carlo Porta aveva tradotto in meneghino alcuni
canti dell’“Inferno” nel 1803-1805, liberamente, in sestine e in ottave: il primo
integralmente e parti dei canti secondo, terzo, quinto (Paolo e Francescaa,
settimo. La traduzione pubblicata nel 2004, in terza rima, è opera di Ambrogio
Maria Antonini, avvocato di suo – morto nel 1987.
Percepied – Si può dire Proust autore di “mancanze”. Di un migliaio
di pagine su Albertine ci resta giusto il nome. In coppa, certo,
all’interminabile ondulazione di umori dell’osservatore. I personaggi non si caratterizzano
ma sono caratterizzati – non fanno o dicono cose che li distinguano, ma vengono
ogni tanto sbalzati, poco, dalla tessitura dell’occhio di pesce dell’autore.
Una dilettazione onastisica, in questo notevole.
Fra i tanti personaggi, nessuno si distingue. Più di
tutti Mlle Percepied, che è così centrale a Proust all’inizio dei “Guermantes”
(p.12, vol.II), e poi si perde – e sarà trascurata, del tutto, nel
dettagliatissimo indice dei nomi dell’edizione Pléiade del 1954, di Pierre
Clarac e André Ferré. È “il giorno del matrimonio di Mlle Percepied” che per il
narratore, “per una creazione originale, in un’armonia unica”, si composero
“questo malva così dolce, troppo brillante, troppo nuovo, di cui si vellutava
la cravatta gonfia della giovane duchessa, e, come una pervinca cogliere incoglibile
e rifiorita, i suoi occhi soleggiati da un sorriso blu”.
Una Mme Percepid ricorreva già all’inizio dei
“Swann” (p.124, vol. I), ma è solo una delle tante donne che vanno in chiesa.
Sposa forse del dottor Percepied, il medico di Combray, che sapendo tutto del
paese si prende gioco dei Vinteuil? È sua figlia che si sposa alla presenza
della duchessa di Guermantes nel primo libro di Swann, regalando al Narratore
la visione di se stessa – della duchessa. Questo matrimonio ritorna in parecchi
punti, benché senza nominare Mlle, ritorna la duchessa al matrimonio, dando
perciò agli analisti molta materia di lavoro: a p. 209 dello stesso primo libro
dei Guermantes, alla p. 397 e alla 548, e nel primo di “Sodoma e Gomorra III”,
p. 13, quando, sdraiato “nella carriola” del dottore, il narratore ha “visto dipingersi al tramonto
le campane di Martinville”. Salvo confondere nello stesso libro il matrimonio
per quello del dottor Percepied stesso, p. 971. Confessando da ultimo, p. 1008
di Sodoma e Gomorra III, di avervi assistito andando a messa, da “piccolo
borghese di Combray”.
Stroncature – Si fanno ma non si dicono? È Simona Vinci che
“Lettura” e Alessandra Farkas hanno nel mirino nelle due pagine che dedicano
domenica a Gary Fisketjon, “leggendario editor”? La scrittrice ha solo due
parole nelle due pagine, il suo nome e cognome, ma al termine della frase: “A
volte ovviamente ci si sbaglia e oggi mi pento di aver creduto in una
scrittrice come Simona Vinci”.
L’intervistona
nomina come pilastri della letteratura mondiale diecine di nomi che al lettore
non dicono nulla, con l’eccezione delle cime del colonnato, il solito Philip
Roth, con Carver e McIverney.
Una seconda
cattiveria, questa ancora meno esplicita, è chi consiglio Vinci a Fisketjon?
Poiché il “leggendario editor” dice che, come tutti, si fa dire dai colleghi a
Francoforte “chi in Italia o in Francia merita di essere tradotto in America”.
Traviata – Paolo Isotta ha
sul “Corriere” un inedito appaiamento della “Traviata” (quella di Verdi, beninteso,
così diversa dall’originaria “Signora delle camelie”, commedia e romanzo di Dumas
jr.) all’“L’educazione sentimentale”. Per dire la “superiorità” di Verdi
rispetto a Flaubert. Tanto viva Violetta, e ardimentoso Verdi, che la fa morire
in scena, con agonia, dopo essere stata picchiata nell’atto precedente, tanto
sordidi a calcolati gli amori di Rosanette, e Flaubert cupamente realistico.
È così. Violetta è romantica,
sebbene posteriore a Rosanette, 1853 e 1843-45. Soprattutto se a Verdi si
appaiano le immagini del film con Greta Garbo - amor vincit omnia, per noi del pubblico è così. Mentre Flaubert
sfida la realtà dei sentimenti, più spesso sordidi, nell’“Educazione
sentimentale” come poi, 1857, con “Madame Bovary”. Ma è vero che Flaubert è un
moralista e Verdi un drammaturgo. In tutte le opere. Un forte drammaturgo –
fosse stato inglese o americano sarebbe un altro Shakespeare. Perché, poi, alla
fine Verdi compone con “La Traviata” il famoso unicum: aver saputo estrarre un dramma vero da una piccola storia
borghese, di infatuazioni e convenienze.
lettrautore@antiit.eu
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