martedì 3 dicembre 2013

Letture - 155

letterautore

Amore – Un ossimoro? Karoline von Günderode, “Liebe”, ne fa in due brevi strofe una serie di ossimori: ricco e povero, donatore e postulante, valente e timido, prigionia e libertà, parola e mutismo, notturno di giorno, trionfante e timoroso, morto di vita, euforico e misero, resistente nell’abbandono, gioioso e languido, vita nel sogno, una vita doppia.

Dante - Nel 2004 è stata pubblicata un’edizione della “Divina Commedia” in milanese. In tre volumi. Con illustrazioni originali di Alberto Schavi. Effetto Lega? O reimpossessamento della lingua?
Carlo Porta aveva tradotto in meneghino alcuni canti dell’“Inferno” nel 1803-1805, liberamente, in sestine e in ottave: il primo integralmente e parti dei canti secondo, terzo, quinto (Paolo e Francescaa, settimo. La traduzione pubblicata nel 2004, in terza rima, è opera di Ambrogio Maria Antonini, avvocato di suo – morto nel 1987.

Percepied – Si può dire Proust autore di “mancanze”. Di un migliaio di pagine su Albertine ci resta giusto il nome. In coppa, certo, all’interminabile ondulazione di umori dell’osservatore. I personaggi non si caratterizzano ma sono caratterizzati – non fanno o dicono cose che li distinguano, ma vengono ogni tanto sbalzati, poco, dalla tessitura dell’occhio di pesce dell’autore. Una dilettazione onastisica, in questo notevole. 

Fra i tanti personaggi, nessuno si distingue. Più di tutti Mlle Percepied, che è così centrale a Proust all’inizio dei “Guermantes” (p.12, vol.II), e poi si perde – e sarà trascurata, del tutto, nel dettagliatissimo indice dei nomi dell’edizione Pléiade del 1954, di Pierre Clarac e André Ferré. È “il giorno del matrimonio di Mlle Percepied” che per il narratore, “per una creazione originale, in un’armonia unica”, si composero “questo malva così dolce, troppo brillante, troppo nuovo, di cui si vellutava la cravatta gonfia della giovane duchessa, e, come una pervinca cogliere incoglibile e rifiorita, i suoi occhi soleggiati da un sorriso blu”.
Una Mme Percepid ricorreva già all’inizio dei “Swann” (p.124, vol. I), ma è solo una delle tante donne che vanno in chiesa. Sposa forse del dottor Percepied, il medico di Combray, che sapendo tutto del paese si prende gioco dei Vinteuil? È sua figlia che si sposa alla presenza della duchessa di Guermantes nel primo libro di Swann, regalando al Narratore la visione di se stessa – della duchessa. Questo matrimonio ritorna in parecchi punti, benché senza nominare Mlle, ritorna la duchessa al matrimonio, dando perciò agli analisti molta materia di lavoro: a p. 209 dello stesso primo libro dei Guermantes, alla p. 397 e alla 548, e nel primo di “Sodoma e Gomorra III”, p. 13, quando, sdraiato “nella carriola” del dottore,  il narratore ha “visto dipingersi al tramonto le campane di Martinville”. Salvo confondere nello stesso libro il matrimonio per quello del dottor Percepied stesso, p. 971. Confessando da ultimo, p. 1008 di Sodoma e Gomorra III, di avervi assistito andando a messa, da “piccolo borghese di Combray”.

Stroncature – Si fanno ma non si dicono? È Simona Vinci che “Lettura” e Alessandra Farkas hanno nel mirino nelle due pagine che dedicano domenica a Gary Fisketjon, “leggendario editor”? La scrittrice ha solo due parole nelle due pagine, il suo nome e cognome, ma al termine della frase: “A volte ovviamente ci si sbaglia e oggi mi pento di aver creduto in una scrittrice come Simona Vinci”.
L’intervistona nomina come pilastri della letteratura mondiale diecine di nomi che al lettore non dicono nulla, con l’eccezione delle cime del colonnato, il solito Philip Roth, con Carver e McIverney.
Una seconda cattiveria, questa ancora meno esplicita, è chi consiglio Vinci a Fisketjon? Poiché il “leggendario editor” dice che, come tutti, si fa dire dai colleghi a Francoforte “chi in Italia o in Francia merita di essere tradotto in America”.

Traviata – Paolo Isotta ha sul “Corriere” un inedito appaiamento della “Traviata” (quella di Verdi, beninteso, così diversa dall’originaria “Signora delle camelie”, commedia e romanzo di Dumas jr.) all’“L’educazione sentimentale”. Per dire la “superiorità” di Verdi rispetto a Flaubert. Tanto viva Violetta, e ardimentoso Verdi, che la fa morire in scena, con agonia, dopo essere stata picchiata nell’atto precedente, tanto sordidi a calcolati gli amori di Rosanette, e Flaubert cupamente realistico.

È così. Violetta  è romantica, sebbene posteriore a Rosanette, 1853 e 1843-45. Soprattutto se a Verdi si appaiano le immagini del film con Greta Garbo - amor vincit omnia, per noi del pubblico è così. Mentre Flaubert sfida la realtà dei sentimenti, più spesso sordidi, nell’“Educazione sentimentale” come poi, 1857, con “Madame Bovary”. Ma è vero che Flaubert è un moralista e Verdi un drammaturgo. In tutte le opere. Un forte drammaturgo – fosse stato inglese o americano sarebbe un altro Shakespeare. Perché, poi, alla fine Verdi compone con “La Traviata” il famoso unicum: aver saputo estrarre un dramma vero da una piccola storia borghese, di infatuazioni e convenienze.

lettrautore@antiit.eu

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