Dopo il Nord Africa, Tunisia, Egitto,
Libia, e poi per tre anni ormai la Siria, ora la Turchia: Erdogan, islamico moderato, è messo sotto pressione da
Fethullag Gülen, ricco predicatore, ex mullah, stabilitosi quindici anni fa negli
Usa per avere più visibilità. Il tipo fautore del dialogo interreligioso e
anche dell’islamizzazione radicale di Smirne, e di una repubblica islamica in
Turchia: l’islam pratica e apprezza la dissimulazione (taqyia).
Un’alleanza stretta, di fatto, tra gli Stati Uniti – e una sorta di direttorio Nato con Francia e Inghilterra - e il radicalismo islamico, cioè con l’Arabia Saudita, governa il Sud del Mediterraneo. Reazionario al punto della ferocia. Cui l’Italia viene talvolta associata, talvolta no. Per non si sa ancora per quali fini: si dice la democrazia ma si sa che non è vero. Che c’entra la democrazia con gli orridi pogrom contro i cristiani, in Irak, in Pakistan, perfino in Egitto e in Tunisia, e in Nigeria, Sudan, ovunque. O le donne schierate in prima fila per chiedere meno diritti.
Un’alleanza stretta, di fatto, tra gli Stati Uniti – e una sorta di direttorio Nato con Francia e Inghilterra - e il radicalismo islamico, cioè con l’Arabia Saudita, governa il Sud del Mediterraneo. Reazionario al punto della ferocia. Cui l’Italia viene talvolta associata, talvolta no. Per non si sa ancora per quali fini: si dice la democrazia ma si sa che non è vero. Che c’entra la democrazia con gli orridi pogrom contro i cristiani, in Irak, in Pakistan, perfino in Egitto e in Tunisia, e in Nigeria, Sudan, ovunque. O le donne schierate in prima fila per chiedere meno diritti.
L’alleanza aveva debuttato vent’anni fa
in Algeria, favorendo il Gie islamico e le sue pratiche terroristiche
d’inaudita violenza. Fallì per l’altrettanto violenta determinazione dell’esercito
algerino. Ci ha riprovato con le primavere arabe, con uomini (e donne) in
maschera, schierati in piazza a richiedere regimi islamici, e con tutti i trucchi
di Madison Avenue, della pubblicità. Comprese le foto flou di madri in lacrime,
col bimbo al seno, sotto le macerie o il fuoco nemico simboleggiato da
nuvolette, che Dustin Hofmann, regista fallito, ha inventato per le guerre di
Clinton oltre l’Adriatico – “Sesso e potere”, 1997. Un pattern,
quello algerino, che potrebbe ripetersi in Egitto, dove i militari nasseriani
sono decisi a confrontare con durezza i Fratelli Mussulmani.
L’11 settembre ha oscurato questa strategia,
benché non fosse mai stata chiara. Erano d’altra parte sauditi gli attentatori
dell’11 settembre, in quanto tali erano potuti entrre negli Usa per addestrarsi
e organizzare poi con cognizione di orari, rotte, strumenti, e precisione
geometrica, direbbe Piperno, gli attentati. È un fronte islamico sunnita che
l’ex Occidente sostiene. A prezzo ormai di una diecina tra guerre e
“rivoluzioni” - sempre più la parola è ridotta all’etimo, il “ritorno
dell’uguale”. Contro l’islam sciita, quindi ora contro l’Iran. Ma per il sunnismo
radicale - wahabita, salafita - contro ogni modernizzazione. Cioè contro i
diritti civili e umani. Due cause che si penserebbero non occidentali, e anzi
antioccidentali.
L’Iran scita è certamente “occindetale”, per
cultura e valori, l’islam della penisola arabica certamente no, gli emirati
come il reame saudita. Anche se costruisce grattacieli sulla sabbia, e spreca l’acqua nel decoro urbano: sono
Stati patrimoniali (Max Weber), cioè a conduzione familiare.
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