Giuseppe Leuzzi
Sette volumi grandi, il rifacimento di tutta la storia greca, diecimila pagine, Salvatore Settis ha ordinato e coordinato dieci anni fa la ciclopica opera “I Greci” di Einaudi, senza la Magna Grecia. C’è la Siria, l’India, la Macedonia di Filippo, il Mar Nero, con gli Iberi, i Celti, gli Arabi e gli Sciiti, ma non c’è la Calabria, o Napoli, e nemmeno la Sicilia. Giusto due cartine, stinte, nell’“Atlante” di oltre mille pagine. Una dimenticanza non trascurabile, e un errore grossolano d’impostazione. Ma l’odio-di-sé smuove le montagne – è un terremoto, le cancella
Schiavo, Schiava, Schiavi, Schiavone, Lo Schiavo, siamo anche slavi.
In Germania il Sud sta a Nord. Saranno commissariate e forse chiuse, abolite, quattro o cinque regioni del Nord che non sanno contenere la spesa: Berlino, Amburgo, Brema, Nord Reno-Westfalia e Sarre.
Berlino ha anche il record dei disoccupati, il doppio che in Italia, il 20 per cento, una percentuale quasi spagnola.
L’autostrada della fine del mondo
Uno della Lega che si facesse la Salerno-Reggio Calabria arriverebbe col fiele agli occhi, senza più fegato. Una sessantina di km. a tre corsie larghe, da Salerno a Sicignano, più la corsia di emergenza. A due corsie (quasi tutte) larghe, con corsia di emergenza, il resto: 443 km. di autostrada gratis, con ottimo manto stradale. Nel potentino ci sono delle curve, me ne è piena anche la Milano-Serravalle, 135 km, una gimkana intasata del 1935, o la Firenze-Bologna, 114 km., da provare per sapere cos’è l’inferno, o la Firenze-Mare, che si pagano pure. Mentre le altre autostrade dell’Anas al Nord, anche se siglate pudicamente del tipo E invece che A, per esempio le trafficate Grosseto-Rosignano, da e per Roma e Genova, 112 km, e Terni-Ravenna, 250 km, da e per Roma con la Romagna e il Veneto, hanno il fondo stradale pieno di buche, da sempre.
La Sa-Rc è criticata come fonte di corruzione e mafia, e come opera tecnicamente (sociologicamente, strutturalmente, progettualmente) sbagliata e pericolosa. Questo secondo motivo essendosi rivelato boomerang, poiché è probabilmente la strada coi viadotti più alti di tutta Europa, tutti a tenuta, eccetto uno, questa seconda critica susside. Ma è seconda nell’abominio solo, o alla pari, col porto di Gioia Tauro. Con più continuità, dato che devono percorrerla i siciliani, che sono molti e sempre si lamentano.
A differenza del porto l’autostrada è però anche oggetto di studi sociologici, storici, e tesi di laurea dell’università della Calabria, che editori nazionali pubblicano. Un campo di esercitazione intellettuale, dunque. La cosa è curiosa perché, oltre che far imbufalire il leghista che vi si avventurasse per la comodità, gratuita, la Salerno-Reggio non si è mai segnalata per il malaffare, non più di altre opere pubbliche. Anzi molto meno della Grande Opera Inutile di Malpensa, del Mose a Venezia, della stessa Expo milanese. Né alla costruzione, negli anni 1960, su impulso di Fanfani e di Mancini, né nell’ammodernamento in corso dal 1999 – in questi 14 anni sono stati denuncati una quarantina di mafiosi, balordi compresi, niente. È odio-di-sé costante, inesausto? È sudditanza, ai modelli culturali del Nord (articoli di giornale)?
Volendo, si potrebbe portare la Salerno-Reggio Calabria a modello. Appaltata nel 1964, due anni dopo era realizzata fino a Lagonegro, 170 km. – distanze oggi da sogno, negli appalti post Tangentopoli. Ancora due anni ed era arrivata a Cosenza, con gran numero di viadotti altissimi e gallerie lunghe.
Un anno, e arrivava a Gioia Tauro: in sette anni, dal 1962 al 1969, erano stati costruiti 390 km. d’autostrada. I restanti 50 km presero tre anni, per due terzi su alti viadotti o in galleria.
La Variante di valico, tra Firenze e Bologna, una novantina di km., è in lavorazione da quindici anni, quasi venti. E nessuno ne sa nulla.
Prigionieri del santo
Rocco, il bagnino, è avventista. Poiché san Rocco è il patrono del luogo, il giorno della festa tutti gli fanno gli auguri – e sono molti, la festa cade il giorno dopo Ferragosto. Lui lascia cadere con una smorfia, o si limita a dire: “Non è il mio santo”. Ma si vede che soffre a essere prigioniero di una categoria. Che comunque gli va stretta, essere acattolico come essere cattolico.
Ci sono categorizzazioni larghe, lasche, generiche: etichette che non pesano e anzi aiutano. Semplificano la vita, la comunicazione. Esssere italiano, o europeo, essere giovane, o anziano. Non sono connotanti, o semmai debolmente. Altre invece imprigionano. Essere protestanti in terra cattolica. O cristiano in terra islamica. Esteriorizzano, confinano. Ora, nuovamente, essere ebreo si suppone, anche in Israele oltre che fuori, nell’ormai millenaria dispersione. Ciò avviene quando la connotazione si vuole radicale, totale, una bolla che isola, seppure in un empireo, per privilegiare. Figurarsi quando è peggiorativa o cattiva. Meridionale, per esempio, è un rifiuto, una condanna.
Farsene una corazza sarebbe un primo passo verso lo sviluppo.
Calabria
“L’orgoglioso Crati, gonfio della acque dei disciolti ghiacciai dello Stige” ha Anatole France, “La rivolta degli angeli”, 170. C’era da aspettarselo, che venivamo direttamente dall’inferno. O quello è il fiume Crati dell’Achea?
Il nostro si è perduto a Sibari, con tutta la Sibari
classica.
Secondo Euripide, le sue acque fanno i capelli ramati, che oggi sarebbero un capitale. Secondo Plinio il Vecchio fa invece le pecore bianche. Anche questa è un a qualità da non disprezzare.
Si sentono citazioni di libri nelle conversazioni, anche modeste. La cosa è tanto più curiosa per essere la nostra la regione dove meno si comprano libri. Eccezioni? Si compra quel (poco) che si legge? O è la scuola, le (poche) trace che dà sono indelebili?
Il Comune ha rifatto due anni fa l’illuminazione del viale con fanali primi Novecento: fanno una luce più calda, che si ritiene possa aiutare l’umore n paese nei lunghissimi inverni, disabitati.. Ora tutti i fanali hanno i vetri rotti: i tre che danno sulla strada, resta intatto quello esterno, verso la scarpata.
I sassi si possono vedere da un punto d’osservazione
elevato dentro le lanterne.
Si rompevano i fanali nelle rivoluzioni. Già a Parigi nel 1789, e poi in tutta Europa a ogni rivoluzione.
Ora le famiglie ritengono giusto che il Comune sostituisca i vetri rotti, per il decoro.
L’Italia sa che il Museo archeologico di Reggio
è in via di rifacimento da sei anni, con i Bronzi adagiati in una sala di
Palazzo Campanella, sede della provincia, o della Regione, visibili per le
piante dei piedi, che il rifacimento è in ritardo, per la solita questione
italiana degli appalti, il cui costo si moltiplica in corso d’opera, e che la
riapertura, prevista per il 2013, ritarderà di due anni. A Reggio invece si
discute se ampliare il Museo, e come, e dove: ognuno ha la sua idea, e i lavori
devono ancora cominciare.
“Corriere della Calabria”, il settimanale lombardo-calabrese di Paolo Pollichieni, è cinquanta pagine di delitti, di oggi, di ieri, e di avant’ieri, locali. Ci si rilassa alla fine, con Nina Moric, vestita, che apprezza un sarto calabrese di Milano, e Carmen Russo.
Siamo figli di madri vedove. Nel 280 a.C. la guarnigione romana di Reggio, costituita da Mamertini, mercenari italici della Campania, pensò di rendersi la città, scontando l’indebolimento di Roma sconfitta quell’anno da Pirro alla battaglia di Eraclea. Uccisero perciò gli uomini, impossessandosi dei beni e delle donne. Gli era andata bene a Messina otto anni prima, quando avevano fatto la stessa manovra alla morte di Agatocle tiranno di Siracusa, per conto del quale presidiavano la città dello Stretto.
Con Roma gli andò male: sconfitto Pirro nel 275, la città pensò di riprendersi, con gli altri ribelli italiani, anche Reggio. Nel 270 il console Gneo Cornelio Blasione se ne impossessò dopo un breve assedio, e deportò gl uomini – quelli che erano sopravvissuti dei quattromila mamertini originari.
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