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Destino – Per come è - si
configura – è un’inversione insensata di senso. Significa una meta, un porto
sicuro, è stato invertito nell’incertezza e anzi nell’arbitrio. Nelle lingue
neo latine ma anche in tedesco: Geschick, Schicksal. Anche in inglese.
È vero però che ci sono
delle passioni (errori) obbligate: l’amore è la principale (andarne esenti è
una patologia). Non si può dire l’amore una condanna, e dunque il destino
d’amore che attende l’uomo è propriamente un destino, una metà certa. Mentre è
altrettanto vero che si va a
volte per strade segnate che non sono rassicuranti: nel destino ci si
smarrisce, mentre eventi improvvisi rassicurano.
Femminismo - C’è da distinguere
il diritto dalla separatezza? L’islam è fortemente deficitario sui diritti, le
sue donne lo sanno, gli uomini e i regimi ne restringono anzi ulteriormente gli
spazi, dai talebani alla civile borghesia turca, in cui la donna può essere
sommersa, oltre che dal velo nero, con un taglio millimetrico agli occhi, dai
maschi della famiglia, marito, padre, suocero, fratelli, cognati. Ma la
separatezza è ancora ricercata e preferita dalle stesse donne, è la forza di questa
sudditanza.
Non solo nell’islam: la
separatezza è il modo d’essere e l’ambizione dell’altra metà del cielo in tutte
le aree, escluse l’Africa nera, l’Europa e l’America del Nord. Comprese le
tradizioni matriarcali riconosciute, dei nair delle isole Comore e dell’India
meridionale. Lo scià di Persia fallì la modernizzazione quando impose alle
donne la promiscuità in società, fino alla stretta di mano. In Giappone
maschile e femminile sono due universi paralleli, con due linguaggi diversi.
Un’impressione analoga – da verificare, ma visibile – dà il mondo femminile in
Cina, nelle tre Cine, comprese Hong-Kong e Singapore.
Fondamentalismo - Riportando la
religione alla distruzione, ripropone l’inaccettabilità del messianismo, della
rivelazione esclusiva – non del monoteismo in sé, ma di quello che si vuole
esclusivo perché “opera” di un profeta. Finisce per escludere dal sentimento
religioso, che è riconoscimento e riconoscenza di e a Dio, proprio i monoteismi
più rigidi.
Islam - Antimodernista e antiborghese? C’è una ragione precisa per cui nessun
regime politico rappresentativo, con elezioni pubbliche, ha attecchito nei
paesi islamici. Neppure in quelli più a lungo o più strettamente legati
all’Europa e all’America. Non in Libano, né in Giordania, Egitto, Tunisia,
Algeria, lo stesso Marocco, per più aspetti la stessa Turchia. Per non dire
della penisola arabica e dell’Arco della Crisi. Il Marocco, con la politica dei
passi minimi, che solo il sovrano in definitiva protegge, ne è la conferma: le
società islamiche, che il colonialismo aveva forzato nel senso della
polverizzazione della società, in qualche modo forzandole alla rappresentanza
politica, si sono rapidamente neo tribalizzate dopo l’indipendenza.
Quinet direbbe la
democrazia incompatibile con l’islam proprio per il fattore religioso. Quella religione
non prevedendo la salvezza individuale, né per i segni della grazia né per le
opere, è ad essa estraneo il fondamento della democrazia, l’uguaglianza tra i
soggetti.
Politica
– È
politica ogni passione, ogni moto dell’animo. È una visione compressa della
vita, il destino dell’uomo, che irrora l’avvenire, il desiderio, il coraggio,
il rifiuto della morte. È la fine del futuro nel suo inizio, il futuro richiede
prudenza, ma così è: il moto dell’animo è convulso e frantumato, non una
freccia che vada dritta, per quanto lenta, a un obiettivo.
Realismo – È curioso che la questione
sia sempre nei “Limiti del realismo”, che il filosofo Michele Marsonet indagò a
suo tempo, pubblicandone gli esiti nel 2000. Che però Ferrraris non cita. Né
i nemici di Ferraris. È un dibattito tra colonne di giornali? Non sarebbe male,
una filosofia diportistica, potrebbe competere con Berlusconi, se non con
Balotelli che è tutti noi.
Lo stesso Marsonet ne richiamava i punti nodali
un anno fa su “Rosebud” (www.rinabrundu.com) con una sintesi cristallina
in inglese, “Realism and its limits”.
Televisione – Si dice il mondo in casa, in realtà è
l’immagine, un serie dì immagini,
numerosissime immagini a ogni ora del giorno disponibili a occupare lo
spazio domestico, privato, personale. Del riposo, della riflessione, della non
socialità. In compagnia non funziona, anche vedere le partite assieme - non è
come allo stadio, è una disponibilità che è anche un’intrusione, che tutti risentono
per tale, i padroni di casa come gli ospiti.
Una sorta di teatro componibile. Entro i
limiti della disponibilità (offerta). Grazie al telecomando, alla videoregistrazione,
all’interazione, alla programmazione personale. Alle origini della tv era
comune l’aneddoto della nonna o della domestica che guardava anche il
monoscopio, il segnale di fine o sospensione delle trasmissioni. Accompagnato
in genere da un sottofondo musicale, ma
anch’esso ripetitivo. Immagine muta, non-immagine, e tuttavia “parlante”, la rappresentazione
dello strumento immaginifico e una promessa. Nella tv è vero che il mezzo è il
messaggio: la disponibilità più che le sue rappresentazioni.
Tolleranza – È un paradosso? Locke, il fondatore, aveva forti preclusioni: dalla
tolleranza escludeva la chiesa cattolica
perché intollerante, e gli atei
La propone Simmaco, “La maschera della tolleranza”, prefetto imperiale: “Contempliamo le stesse stelle,
abbiamo lo stesso cielo in comune, siamo parte di uno stesso universo, che
importa con quale ideologia ognuno cerca il vero?” E: “Non si può giungere per
una sola via a un mistero così grande”. La esclude Ambrogio, innovatore e
santo. Massimo Cacciari fa un tour de force per spiegare che Ambrogio deve disinnescare una
trappola che Simmaco gli aveva armato presso l’imperatore, ma poi la verità di
Ambrogio è che c’è una sola religione.
Vangelo – La sua forza è che le cose implausibili
riescono semplici, perfino ovvie.
A “situarlo”, toglie il respiro: un non
violento che vince il mondo, benché figlio di Dio, con i miracoli, la morte
innecessaria, l’impoliticità radicale, e il rifiuto della donna, mamma compresa,
per una congrega d’uomini plebei, più stupidi che ignoranti, immaturi benché in
età.
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