Animalismo – È di Schopenhauer, secondo Nietzsche, “Il
nichilismo europeo”, § 26, “I tre secoli”: “Schopenhauer,
regno degli appetiti, testimonianza della sovranità degli istinti animali”.
Schopenhauer Nietzsche giudica “più veridico” di Rousseau, “ma più cupo”.
Schopenhauer
come eponimo dell’Ottocento, il secolo animale: “L’Ottocento è più animale, più terra terra, più
brutto, più realista, più popolaresco e,
a causa di ciò, «migliore», più «onesto», più sottomesso alla realtà, di
qualsiasi specie sia, più vero; ma più debole di volontà, triste e oscuramente
esigente, ma fatalista”. Più del Settecento.
Evoluzione –
Dà della vita una miserabile presentazione – Leopardi direbbe di “nullità”
(“più scoperte si fanno nelle cose naturali, e più si accresce nella nostra
immaginazione la nullità dell’Universo”).
Famiglia –
Non c’è nei Vangeli, come non c’era nei testi vedici, nei poemi omerici, e
nelle primitive forme patriarcali in cui l’ascendenza era avunculare
(consanguineità certa). L’assenza nei Vangeli è inquietante perché essi sono
alla base della società e della storia che ancora viviamo. Gesù rigetta gli obblighi di famiglia – “chi
è mia madre? Chi sono i miei fratelli?” E quando uno dei seguaci gli chiede il
permesso di andare a seppellire il padre: “Lascia i morti seppellire i morti”.
L’adultera Maddalena, che poi sarà venerata per santa, perdona non perché
pentita ma per la sua capacità di amore.
Fantasia
– Più
che l’emozione, dove si colloca esattamente nell’evoluzione? Specie nella forma
leopardiana della illusione.
Nichilismo
– Fu
anzitutto letterario, di Dostoevskij. Un “personaggio” che affascinerà
soprattutto i narratori, fino agli anni 1930 (I.Némirovsky, Paul Morand, lo
stesso Céline, A.Huxley). Meglio se in aspetto femminile. Giuliano Campioni,
editando l’ultimo frammento di Nietzsche sul nichilismo, poi reimpastato da
Gast e Elisabeth nel § 55 della “Volontà di potenza”, lo connette a Parigi,
all’apprezzamento di Nietzsche per Taine e Paul Bourget (con Taine e Burckhardt
si voleva, scrivendo alle amiche, come uno dei tre moschettieri del nichilismo).
E in particolare per una novella di Bourget, l’autore dei “Saggi di psicologia
contemporanea”, 1885 e 1887, poi tourné
narratore, nel racconto “Nihilisme”: che un’affascinante, gelida, studentessa
slava impersona, terrorista.
Pessimismo
– “Le
grandi verità”, riflette Leopardi nello “Zibaldone”, 3383, “non si scuoprono se
non per un quasi entusiasmo della ragione”.
Schopenhauer lo esercita conseguente
chiudendosi nel rancore, stanco, decadente. Seppure in posa: sta saldo come
roccia nel terrore che evoca, nel vortice del vuoto, e anzi irridente, la sua
autostima (autoconservazione) mai vacilla. Mentre gli altri Grandi Pessimisti
dell’Ottocento, Leopardi e i wagneriani Nietzsche e Baudelaire – ma meglio
sarebbe dirli Distruttori dell’Ottimismo del secolo – ne fanno la molla per una
migliore conoscenza, reale, conseguente, operosa.
Leopardi, che vuole il poeta il vero interprete
della natura ( “Il poeta non imita la natura: ben è vero che la natura parla
dentro di lui e per la sua bocca”, “Zibaldone”, 4372), aveva trovato ventenne
che la totale nullità dell’essere pure manifesta nell’opera di genio “una certa
bellezza e grandezza che riempie l’anima” (“Zibaldone”, 259 segg.). Anzi, che
“lo stesso spettacolo della nullità è una cosa in queste opere che par che
ingrandisca l’anima del lettore, la innalzi, la soddisfaccia di se stessa e
della propria disperazione”.
Nietzsche cinquant’anni dopo avrebbe
impersonato - sulla traccia leopardiana, è vero - questa ambivalenza
nell’“apollineo” e il “dionisiaco” della tragedia greca. Concetti impropri in sé, ma non per quello che
significano per Nietzsche.
Scoperta – È riduttiva? È distruttiva: il
disvelamento opera nel senso della limitazione delle possibilità invece che
dell’accrescimento e della nobilitazione. La verità (razionalità) praticando
nel senso della riduzione delle possibilità.
Scienza – È all’origine della depressione
dell’epoca? Per la sua razionalità sempre limitativa.
Suicidio - Si cita Plinio, che attesta il suicidio per
sazietà presso gli iperborei, popolo del Nord che, vivendo nell’eterna
primavera, malgrado le notti lunghe sei mesi, sarebbe stato altrimenti
destinato a vita imperitura. Altro precedente è il colonnello Redl, che chiese
e ottenne il permesso di uccidersi. O l’impresentabile Dimitri Karamazov, il
quale ipotizza il suicidio per entusiasmo. Che c’è, nei kamikaze, nel seppuku,
l’evisceramento rituale, nello shinju, il suicidio degli amanti - ma
chissà, l’Oriente è misterioso. Alfred Redl, capo dei servizi segreti nell’Austria Felix di Francesco Giuseppe, si vendeva i piani militari alla nemica
Russia per pagarsi costosi amanti. Incontinente,
fu scoperto per aver corrisposto con fidanzati frivoli, chiese il permesso di
uccidersi e, ottenutolo, si sparò. Si suicidavano i soldati giapponesi
nell’ultima guerra piuttosto che arrendersi – meglio un giapponese morto che
uno vivo?
Il motivo non è rilevante: Claudio l’imperatore
si voleva uccidere, narra Svetonio, per il mal di pancia. Si muore di noia, in
senso non figurato: il filosofo Egesìa, che insegnava che tanto vale morire,
provvide infine per se stesso. O per carenze in un mondo supposto di bellezza e
razionalità. Dei pettorali i maori, delle misure canoniche qualche ragazza, di
fame. È un esito dell’educazione classica: il suicidio è atto di fede
nell’armonia del creato. Lo annota Constant, che non si uccise: “Quelli che
predicano contro il suicidio sono fautori della schiavitù e della bassezza”.
Fuori gara è Werther, che si uccide per non aver trovato una seconda bambola
bionda - oggi si trova di tutto. Poi ci sono gli irregolari. Perché si uccide
il colonnello Rocca? Regista occulto del mercato delle armi, ben pagato dalla
Fiat? È un caso della specie dei suicidati. Che con sottile metafora il
fisiologo Morselli così spiegava all’anomico Durkheim: volentieri mi lascerei
suicidare da una strega – o del segreto che non vuole farsi conoscere: segreti
condivisi? tangenti non divise? troppe armi ai palestinesi? troppe a Israele?
Alcune cose è meglio non sapere.
Superuomo – Wilde se ne può dire la personificazione: ha
tutto dello Übermensch di Nietzsche,
l’amore e il gusto del bello, l’individualismo, l’albagia. Naturalmente è il
superuomo contro Nietzsche – contro
l’affanno, il proselitismo, i valori
assoluti benché transvalutati. Cos’è e dove si ferma allora la verità di un
concetto. Nella fase realizzativa ma anche concettuale.
Wilde impersona il superuomo di Nietzsche in forma di
paradosso, anticipando Borges – ma allora all’insegna rovesciata
dell’incredulità.
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