La giudice
Boccassini parla all’improvviso a lungo della prima inchiesta di Caltanissetta
sull’eccidio di cui fu vittima Borsellino, per dire falso il testimone Scarantino,
che depistò le indagini per un quindicennio.
Che lei l’aveva capito subito e l’aveva segnalato.
Cioè,
non ne parla ora, ne ha parlato alcuni anni fa in sede giudiziaria. Ma la
segnalazione a Giovanni Bianconi arriva ora. C’è una novità? Sì, dire che Nino
Di Matteo, ora giudice dello Stato-mafia, era uno di quelli a cui Boccassini
aveva segnalato il depistaggio.
I
monologhi di Riina, le esecuzioni di Cassano allo Jonio, come Duisburg o la
testa mozzata di Cittanova, sono segno di disumanità. Che è il proprio del mafioso.
Irriducibile alla psicologia e alla sociologia, inevitabilmente assolutrici, di
cui le tante storie che si fanno delle mafie le ammantano. Trascurando proprio
questo aspetto: certa asocialità (prepotenza, violenza, che sia crudele o
“normale”) è solo inumana.
La Svezia,
giornali, consumatori e governanti uniti, proibisce le caramelle alla
liquirizia in quanto razziste. Il Nord è speciale in tutto, ma nella stupidità
si vuole inarrivabile.
Le caramelle
alla liquirizia che la Svezia proibisce sono tedesche. C’è sempre un Nord “più”
superiore dell’altro.
Il vescovo antimafia non piaceva ai giudici
Mario
Casaburi ha scritto un libro, “GianCarlo Maria Bregantini. Una luce nel giardino
della Locride”, sul vescovo di Locri-Gerace che stava rivoluzionando il
“territorio” ma non piaceva ai giudici. Il vescovo-operaio trentino, nominato da
Giovanni Paolo II, non si accontentava delle liturgie, e poneva al centro i
problemi centrali. Nella sua diocesi il lavoro giovanile e le mafie. Su un
caposaldo perfino troppo semplice: “È aberrante l’idea di un destino ineluttabile
per cui in Calabria tutto è sempre stato e sempre sarà così”. Contro le mafie
rivolgendosi alle donne: “Fermate i vostri mariti e i vostri figli
eventualmente coinvolti nel traffico o smercio della droga: pensate a quelle
donne, mamme come voi, che versano lacrime vedendo i loro figli distruggersi”.
Ai giovani offrì una serie di sbocchi con aziende cooperative, specie in
agricoltura, e di volontariato. Per predicare meglio, sempre fuori della
ritualità, teneva una rubrica settimanale sul “Quotidiano della Calabria”.
Era un
rubrica molto letta, e questo precipitò l’astio degli avvocati contro il vescovo.
E sulla loro taccia dei giudici. Le piccole cooperative di giovani venivano bollate, nei convegni della Legalità, imprese capitalistiche, e Bregantini “il vescovo dei conti in banca”. Gli accusatori forse non erano
nemmeno massoni. Subito allora le mafie dinamitarono i capannoni e bruciarono o
avvelenarono le coltivazioni delle cooperative e le associazioni volute dal
vescovo. I giudici si adeguarono. Quando il nome del vescovo emerse in un’intercettazione
non fortuita, e probabilmente concordata, il Vaticano di Benedetto XVI ne
dispose la rimozione.
Nell’intercettazione,
quattro pagine a spazio 1, gli esponenti della cosca Giuffré di Seminara,
esprimendosi tra di loro in italiano perché non ci fossero equivoci, invece che
in dialetto come tutti, alludevano al “brigantino” come a un “adepto” (nella sociologia da caserma la mafia è una setta, con giuramenti, rituali, formule) – la vicenda è stata ricostruita in questo
stesso sito due anni fa:
La registrazione non fu pubblicizzata, ma lo stesso “messa a disposizione” di chi doveva sapere. Rimosso Bregantini, la normalità è
tornata mafiosa nella Locride. Che, non si può negare, resta malgrado tutto un
giardino. Ma un giovinastro può nuovamente fermarvi per strada e chiedervi 200
euro, anche 300, per un’esigenza improvvisa, come prestito. Dopo che siete stato al
bancomat. La mafia non nasce dal nulla.
L’uomo nuovo del Sud viene dal Nord
“L’uomo
nuovo viene da Sud”, titola “Il Sole 24 Ore” domenica 19 la presentazione, da
parte di Lara Ricci, di “tre potenti romanzi” che “arrivano dal Sudafrica””.
Uno di Nadine Gordimer, premio Nobel inglese trapiantato in Sudafrica, uno di
Cortzee, premio Nobel olandese trapiantato in Sudafrica, e uno di Tathamkhulu
Afrika, pesudonismo adottato da uno scrittore sudafricano di madre turca e
padre arabo – uno la cui biografia cosmopolita somiglia bizzarramente a quella
di Petros Markaris, che il settimanale intervista nella pagina precedente, romanziere
certamente greco, ma di ascendenza e cultura greco-turco-tedesca (a quest’ultima Markaris
tiene soprattutto).
Ci
rubano anche lo spazio per scrivere.
Il ritorno (o nostos)
Il
ritorno è la ripresa di un cammino interrotto. Sia pure per una visita breve, di
circostanza, un dovere. È un ritorno alla continuità. Anche in chi ha fatto la
scelta contro ogni resistenza e richiamo di affetti, la madre, l’amata\o. Pippo
Pollina ha “scelto” la Svizzera invece di Palermo. Dove ha realizzato, dopo vent’anni,
con artisti svizzeri e tedeschi, il suo migliore disco. Con questa filosofia:
“Ed io penso a mia madre e con lei i suoi sorrisi.\ Mi vedeva dottore nei suoi
sogni ormai in crisi.\ Ed io penso alle sua carezze ed al suo pianto salato\ quando
venne il giorno triste in cui me ne sono andato”.
Il disco
ha intitolato “Suden” – un plurale cosmopolita ma con connotato preciso: la
nostalgia. Condivisa dai suoi coautori per motivi estetici (luce, calore), ma
pur sempre nostalgia. Ne ha i colori, dietro lo stereotipo del Sud nelle notti
invernali del Nord :“A sud del mio cuore c’è una casa di campagna\ dove tutto è
quiete e riposano i pensieri,\ dove il tempo si è fermato…”
Il cugino di Torino e l’odio-di-sé - Forza
Lega!
“Mimmo
Calopresti è nato a Polistena nel 1955, ma, bambino, si è trasferito con la
famiglia a Torino”: osì esordisce la nota biografica del regista al suo volume di
ricordi “Io e l’Avvocato”. Il “ma” serve alla metrica (la presentazione è un
distico in rima). Ma è pur sempre un avversativo, che si ritrova qua e là nel
testo. Anche se Calopresti si compiace delle tante medaglie istituzionali al merito, da buon calabrese di Bisanzio – Polistena è in
Calabria, e anche Calopresti, i nomi purtroppo non tradiscono.
Il
regista è il “cugino di Torino”, anche lui, del compianto Mario Bagalà, poeta
faceto e musicista sensibile? Quello che ogni tanto ritorna, sbafa da amici e parenti, e ne sparla, del paese e dei parenti. O arriveremo i meridionali alla
condizione degli ebrei assimilati, quando si cambiavano il nome?
Ma oggi
gli ebrei il nome se lo cambiano al rovescio, lo levantinizzano. Ci sono cicli
nella storia, magari arriverà la curva anche per il Sud. Forza Lega? Il cugino
di Torino parte ogni volta insoddisfatto – di se stesso, non del luogo, se bene
o male ci ritorna. Non da ora. Gli basterebbe acquisire un po’ di autostima.
leuzzi@antiit.eu
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