Doppia
riedizione, sull’onda della crisi: è il romanzo del tracollo – dei trabocchetti
e dei tracolli - della finanza negli anni tra le due guerre. Non l’unico, anzi
uno dei filoni più ispirati della scrittrice, e quello che in vita le assicurò
più successo, a partire dal “David Golder” e “La preda”, incluse le stesse narrazioni
romantiche e familiari. Per una vena balzacchiana, che anch’essa favorisce la
ripresa. Qui risolta però in chiave oblomoviama, dell’inappetenza.
Il
figlio del grande speculatore ha un figlio che non è niente e non vuole niente
e una moglie che si accontenta del niente. Essendo lui stesso un niente: indeciso
a tutto, insoddisfatto, incerto, rassegnato, un bar, due, tre bar la sera per
non tornare a casa, il dovere con la moglie il sabato, la domenica un gita solitaria
fuori porta e una prostituta. Che ogni tanto si chiede: “Insomma, perché sono
così infelice?” – magari rispondendosi: “L’abbandono nell’infanzia…”.
Il
senso etico soverchia qui la narratrice. Ma è vero che l’effetto della crisi è
l’inerzia (i “bamboccioni”) prima che la miseria.
Irène
Némirovsky, Una pedina sulla scacchiera,
Editori Internazionali Riuniti, pp. 169 € 14,50
Adelphi,
pp. 174 € 18
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