“Una lettera a Napolitano per dire che la ricostruzione è bloccata, senza
fondi, e la città allo stremo”, rivela “Il Messaggero” lunedì: “L'ha scritta
Massimo Cialente a dicembre scorso, ipotizzando un disegno del governo per
favorire la Curia nella ricostruzione”. Cialente, sindaco del’Aquila, vi
esponeva “un
disegno che si è tentati e si sta tentando di inserire come norma di legge, che
vedrebbe la Curia, la più grande immobiliarista della città, diventare soggetto
attuatore per la ricostruzione di tutti i suoi edifici, compresi i luoghi di
culto”. , scrive Cialente. E paventava che la mossa del ministro Bray (lo spostamento
di un funzionario del ministero dei Beni Culturali) fosse “un tassello di un
disegno, non considerato pienamente delle conseguenze, che potrebbe comportare
addirittura che i fondi della ristrutturazione privata delle case andranno a
ricostruire le Chiese”. Un complotto - il comolotto del vescovo.
Cialente poi si è dimesso. Forse per il
ridicolo, più che per lo scandalo tangenti della sua amministrazione.
Il vescovo dell’Aquila non ha avuto problemi a dirsi il primo sostenitore del
funzionario mandato dall’Aquila a Pompei.
Il sindaco in realtà protestava contro le sole
cose che si siano fatte nella sua città dopo il terremoto. Il restauro di san Giuseppe
Artigiano, chiesa scoperchiata, l’enorme cantiere del Duomo e Santa Giusta, e
soprattutto, una spettacolo che rincuora il visitatore, il ripristino della
basilica di Collemaggio. Mentre lui non riesce nemmeno a evitare le esazioni
fiscali a carico delle vittime della zona rossa.
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