Stato di crisi con dividendo. Nel “corpo mistico”
di “Repubblica” fa sorridere, ma il fatto è immorale, e anche traumatico. E non
è il primo caso – né il solo.
Repubblica-L’Espresso aveva appena chiuso in
utile il 2012, malgrado il calo delle vendite, e un andamento 2013 negativo. Non
molto, 22 milioni, ma l’unico della galassia De Benedetti – su tutto il resto
va male e s’è già mangiata la rendita giudiziaria a spese di Berlusconi. Il
quale dichiarava: “La creazione di posti di lavoro è la priorità che abbiamo
davanti”. Il giorno dopo chiedeva lo stato di crisi e notificava 81 “esuberi”
di redattori. Scioperi, mozioni degli
affetti, “corpo mistico”, superiorità morale, etc., etc, il governo Letta
rimpingua il fondo di solidarietà, e dai licenziamenti si passa ai prepensionamenti.
Con una procedura non proprio da agape: si è votato tra solidarietà e
prepensionamenti, e la maggioranza di “Repubblica” ha deciso il
prepensionamento dei più anziani. Che quindi si faranno, ogni anno alcune
decine, a mano a mano che i redattori arrivano ai sessanta. Il senso di
appartenenza salvando con contratti di collaborazione agli stessi. Come dire:
continuate a lavorare, al costo di un decimo.
Non è il primo stato di crisi di un’azienda che
paga dividendi milionari. Lo steSso De Benedetti aveva licenziato un’altra
ottantina di redattori nel 2009-2010. Analoghe le procedure al “Corriere della
sera”, altro giornale ricco. Si scaricano i costi in parte sulle strutture previdenziali
e assistenziali di settore, Inpgi e Casagit, e in parte sul Fondo di stabilità
costituito dalla legge per l’editoria, un paio di centinaia di milioni l’anno.
I prepensionamenti non sono sgraditi, a questo punto, ai giornalisti,. E forse
sono anche giusti. Ma che giornalismo è, sotto mannaia, e sia pure aziendalistico?
Che impresa è?
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