Fascismo – “Celebrando”
i vent’anni della Seconda Repubblica, un ciclo, a differenza del fascismo, del
tutto rovinoso anche se non sanguinoso, la capacità di fare viene in rilievo,
il contenimento della corruzione, la capacità di convinzione. Questa soprattutto. Oggi meno che mai, ma non c’è mai
stata in altra epoca, minore diffidenza verso il potere che verso il fascismo.
Per i motivi e nei modi che De Felice ha argomentato ne “Gli anni del consenso”.
Ma anche prima e anche dopo. E soprattutto fra gli intellettuali. Zangrandi ha
documentato il grado di adesione attraverso i Littoriali. Che però,
coinvolgendo i più giovani, si potevano rdurre a peccati d’inesperienza.
L’attività dell’Accademia d’Italia, di cui si sono indagati solo alcuni rivoli,
in chiave di anti-antifascismo (Corrado Alvaro, Gadda, Vittorini) mostra
invece, anche negli anni di Federzoni, dal 1938, e quindi della sua
caratterizzazione “con sostanziali e ostentati criteri fascisti” (Sergio Raffaelli, che le carte dell’Accademia ha studiato in connessione con le vicende di Carlo Emilio Gadda), e fino dentro
la guerra, a tutto il 1942, un’adesione molto ampia e anche convinta. Si vede
dalla lingua delle (poche) scritture emerse dagli archivi, che autori e artisti adottavano nei loro contatti con l’istituzione. Quasi tutte
propiziate da - o mirate a – premi e contributi, cui ambiva anche chi non ne
aveva bisogno, Montale per esempio o Cecchi. E tuttavia fasciste, innecessariamente.
Giustizia – Quella
politica non solo aggiunge e non toglie alla corruzione, ma potrebbe esserne il
fattore di perpetuazione. La giustizia politica diventa l’innesco della nuova corruzione - il patronaggio politico,
sia pure sotto le spoglie semplici dell’appartenenza, il meccanismo della corruzione rendendo a questo punto
universale, oltre che impervio alle forse di contrato. Ammesso che ce ne siano –
la corruzione corrompe.
Islam – Non si può dire sia vittima
dell’Europa, dell’Occidente, del colonialismo. La storia direbbe il contrario,
ma è così: la storia è per lo più scontata, e contraria all’evidenza. Il
colonialismo è morto da sessant’anni, dopo aver prosperato non senza
connivenze.
I
due mondi è vero che sono diversi, benché contigui e sempre conviventi. Si vede
nel luogo della prossimità più intima e anzi della sovrapposizione, il Libano.
Gli ospedali cristiani servono anche gli islamici poveri, mentre non è
possibile – non avviene – l’inverso. Cristiane sono anche le case di
accoglienza per le ripudiate povere – spesso con le loro figlie. Non c’è uno
scontro di civiltà nel senso che non c’è una guerra, non la si vuole, non
sarebbe giusta.
Parità – Nei
settimanali femminili – ma più esatto sarebbe dirli di “moda”, di consumi
costosi - ora la metà dei servizi di moda e della pubblicità è per i maschi.
Roma – È uso parlarne male, Per primi
i romani, Moravia su tutti: “Come si fa a voler bene a Roma, città socialmente
spregevole, culturalmente nulla, storicamente sopravvissuta a furia di retorica
e di turismo” (“L’Espresso”, 28 maggio 1971: avesse visto il turismo oggi). Un
commento molto romano. Moravia stesso è l’essenza della romanità, nella
neghittosità, l’operosità, la rusticità, la socievolezza.
Roma
è la città col più alto tasso di immigrazione, e di autodenigrazione. E questa è la
caratteristica della piccola borghesia – del borghese cioè insoddisfatto di se
stesso. Più di Palermo o Napoli. Mentre non ci si sdegna al Nord, a Firenze, a
Torino, a Milano, dove pure la materia ci sarebbe: la borghesia vi è contenta
di sé.
Roma
è anche la città meglio amministrata in Italia, fra le grandi città. In tutti i
settori: asili, scuola, sanità, viabilità, trasporto pubblico, nettezza urbana,
inclusi servizi privati. Ed è una città,
probabilmente la sola al mondo, con vocazione plurima. Che tutte riesce ad
assolvere dignitosamente – “alla romana” - se non a livelli di eccellenza, e
comunque tutte tiene vive: religiosa, monumentale, turistica, commerciale,
industriale, di ricerca e innovazione, politica, amministrativa. Si fa pendolarismo
su Roma da tutto l’Abruzzo, da mezza Toscana, e da Napoli.
Ha
abolito il tempo. Non quello meteorologico, che anzi è varabile, seppure prevalentemente
sul bello, anche quando è brutto – e può essere fantasmagorico: barocco, colore
dell’aria, della rosa, della malva, e perfino blu di Prussia. No, quello
cronologico. Uno spostamento può prendere a Roma venti minuti oppure un’ora e
venti. Senza una causa specifica, che a Roma sono molte (il papa, i cortei, le proteste,
gli scioperi spontanei), ma possono non esserci. Succede eprché la cosa – il ritardo
– non interessa a nessuno, utenti inclusi.
Seconda Repubblica – Una storia di rovine. Vent’anni, un ciclo di storia lungo più
o meno come il fascismo. Ma tutto rovinoso.
La comparazione col fascismo naturalmente non è lecita, poiché non c’è il
totalitarismo e non ci sono state le guerre. Ma l’economia è in rovina e la
sperequazione sociale si è ampliata invece di ridursi. Soprattutto, è svanita
la Funzione Pubblica. Non nella forma dell’utopia, della cancellazione dello
Stato, o della violenza imposta sui cittadini, ma della sopraffazione diffusa.
Non dichiarata e anzi camuffata, con largo uso della protesta, del diniego di
fare, della riserva di potere. Di gruppo e anche individuale - si ricorre al
Tar per un voto in pagella del figlio.
Una
condizione che si presenta, in interminabile chiacchiericcio televisivo, come
anarcoide, ma di cui i più sono vittime. Nelle cose che contano: il reddito, la
distribuzione del reddito, i servizi (sanità, trasporti). E il voto: in nessuna
esperienza della storia dell’Italia costituzionale, neanche col voto per censo,
l’indicazione politica è mai stata così vanificata come in questi venti anni. A
discrezione (arbitrio) della giustizia, e dei gruppi di potere, dentro e fuori
dei partiti attraverso i media.
astolfo@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento