B.
sorride con tutti i denti, come la natura di affarista gli comanda. Bucato di
freccette. L’occhio destro tagliato, le guance a bozzi, il mento e la bocca
inferiore di un giallo sospetto. Tanti B., variamente calpestati o
accartocciati, strappati, rosi dall’umido, coprono il selciato dell’ex Mattatoio
a Roma il giorno dopo la festa dell’Unione. Agli alberi resta qua e là affisso
l’inno in morte di B. del Grande Scrittore di cui il B. editore ha decretato la
fortuna – il solito siciliano prima fascistissimo e poi comunistissimo, ora
popolarissimo pare nelle tv inglesi di cucina, con le ricette “pappanozza” e
“pirciati bollenti”. La guardiana irsuta, fumata, gattara, guarda e chiude le
imposte, ha freddo, e sempre borbotta – “‘sti lazzaroni, so’ compagni e lasciano
‘a monnezza”.
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