L’amore non ha limiti. Ma anche l’idea di giustizia
parte da un “interesse disinteressato” (Rawls). Pensatore per scorribande, da
Kant alla psicoanalisi, al diritto di punire, e più al “giusto”, alla giustizia, con una molteplicità di approcci,
ermeneutico, letterario, di costume (la riedizione francese è assortita da due
incursioni sull’“io”: “Le soi «mandaté»” e “Le soi dans le miroir des Écritures”),
Ricoeur si propone di “gettare un ponte
tra la poetica dell’amore e la prosa della giustizia, tra l’inno e la regola
formale”. Nella più ampia razionalità dell’“economia del dono”. Di cui il Nuovo
Testamento è pieno: parabole, miracoli, poesie, e i comandamenti contro la
Regola d’Oro.
L’amore è soprannumerario: anche quando evita l’esaltazione,
si esprime con la lode (spesso nella forma del macarismo, i “beato”), l’inno, la
benedizione, l’imperativo – qui nei limiti di Kant, come esortazione (“c’è una
qualche stranezza a comandare l’amore, cioè un sentimento”). Tutt’altro mondo
la giustizia. Ricoeur fa sue le conclusioni di Rawls, l’ultimo aggiornamento
del “principio distributivo” (ugualitaristico) di Aristotele, dell’ “interesse
disinteressato”, e di quello che chiama “principio
del massimino”: “massimizzare la parte minima”, non rappresentata, non
riconosciuta dal giudice (errore, disinformazione, ignoranza, non rappresentatività).
Ma di più non si può pretendere dalla giustizia.
Come si legano i due mondi? Ricoeur non lo spiega,
soprafatto dal Cristo che non nomina – il trattatello è in realtà sull’amore,
la giustizia ha poco spazio. Alla fine si limita a dire: “Poiché l’amore è
sopra-morale, non entra nella sfera pratica e etica che sotto l’egida della
giustizia”. Un inquisito obietterebbe.
Sulla Regola d’Oro Ricoeur ha un lapsus. Attento
all’uditorio (“Amore e giustizia “ è l’allocuzione per il premio Lucas, nel
1989) a ogni passo, non spiega la Regola d’Oro quando infine la introduce, pur
facendone largo uso – sintetizza la reciprocità, il bilanciamento tra i diritti e i doveri di
ognuno. Tanto è eversivo il precetto di amare il nemico. Dell’etica
naturalmente, ma anche della precettistica dell’amore. Un passo più in là, e l’avventuroso
filosofo si sarebbe trovata a chiedersi se la razionalità filosofica non sia
economicistica, e cioè utilitarista, mentre l’umanità vive in un universo
supererogatorio. Un universo che si può ridurre a “economia” del dono, a un’altra
economia, poiché rifugge dal principio dello scambio, ma facendogli torto..
Paul
Ricoeur, Amore e giustizia,
Morcelliana, pp. 64 € 6
Amour et justice, Points, pp. 111 € 5,50
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