mercoledì 15 gennaio 2014

Lo speculatore è l’unico giusto

“La grande bellezza” ha “alzato il livello”, quindi le immagini sono infine non punitive. Siamo anche nella borghesia urbana, invece che nelle periferie e la piccola borghesia. Ma il filo è sempre quello della commedia all’italiana: gli innocenti sono colpevoli, i malvagi se la cavano comunque. Virzì se ne può dire il nuovo Monicelli, ma senza la canzonatura del maestro. Politicamente sempre corretto. Perciò con un errore qui di sceneggiatura (o vuol essere, surrettiziamente, reazionaria?): lo speculatore è l’unico “giusto”. È etico, equilibrato, controllato, fra tanto isterismo da abbondanza, e a ognuno dà il suo: un ceffone, una confidenza, una benevolenza.
Ma forse è molto di più, anzi lo è. È di fatto un remake di “La frode”, “film indipendente girato in 31 giorni” di Nicholas Jarecki, ma di tutte stelle (Richard Gere, Susan Sarandon, Tim Roth, Laetitia Casta) e hollywoodiano. Anche lì l’affarista è il più generoso, e perfino il più pulito, in affari, in tribunale, e in famiglia. Virzì è più asciutto e più veritiero, nei caratteri, i dialoghi, le recitazioni, le scenografie - sembra Francesco Rosi quando non faceva la predica. Invece della convenzione hollywoodiana degli affari tra boiseries, limousines, belle segretarie, amanti perdute e avvocati superlestofanti. Anche la schizofrenica (Valeria Bruni Tedeschi), che a un certo punto si perde in una passione divorante (il teatro), fa lieve. Un film, da questo punto di vista, degli equiibri narrativi, capolavoro. Tanto più per essere giocato sui toni dimessi, degli eventi come si producono, o del neo realismo non declamatorio – Rosi again.
Il realismo italiano, apparentemente dimesso e ordinario, di drammaturgia esile, quando non è convenzionale (politicamente corretto), rende molto meglio delle convenzioni americane. Che sono invece, esse, sempre convenzionali – classiste, scontate all’inverso. È reale, cioè vivo, di narrazione non scontata e quindi attraente.
La Brianza non centra. Cioè centra, ma senza scandalo. Concorre alla fotografia infine illuminata. E concorre anche alla storia, ma dalla parte giusta, legalitaria e compassionevole – è un immigrato, alla prima scena, il datore di lavoro del cameriere che morrà investito mentre torna in bicicletta a casa la notte nella neve. Lo “scandalo” sarà servito da pubblicità gratuita, la Lombardia è il più grosso bacino di utenza dei cinema.
Paolo Virzì, Il capitale umano

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