giovedì 30 gennaio 2014

Ma era lord Palmerston – Berlusconi 15

“Benché settantenne e dopo aver occupato quasi senza interruzione per alcuni decenni la scena pubblica…. egli riesce a rimanere una novità, e a suscitare tute quelle speranze che di solito si accentrano su un giovane promettente e alle prime armi. Se non è un buon statista tuttofare, è però di certo un attore buono per tutte le parti. Ha successo nel genere comico come nell’eroico, nel patetico come nel familiare, nella tragedia come nella farsa, benché quest’ultima sia forse la più congeniale alle sue inclinazioni”. La prosa è di Marx, del 1853, ma come avrà fatto? A scriverne un secolo e mezzo prima. “Non è un oratore di prim’ordine, ma un polemista sì. Dotato di memoria prodigiosa, di grande esperienza, di fiuto consolidato, di presenza di spirito, di signorile versatilità, e della più minuziosa conoscenza dei trucchi parlamentari, degli intrighi, dei partiti e degli uomini, tratta i casi difficili con leggerezza, non sgradevole, senza mai perdere di vista i pregiudizi e le suscettibilità dei suoi sostenitori; la sua cinica impudenza lo mette al riparo da ogni sorpresa e il suo abile egoismo da ogni confessione; mentre la frivolezza innata, la perfetta indifferenza e l’aristocratico disprezzo, gli impediscono di abbandonarsi alle passioni”, Sostituendo affaristico ad aristocratico, Marx ci azzecca, anche qui. “Grazie al suo umorismo riesce a ingraziarsi tutti. Grazie alla sua calma inossidabile trionfa sull’avversario appassionato. Quando non è in grado di padroneggiare un argomento, sa come rigirarlo. Se le idee generali gli fanno difetto, è sempre pronto a intessere una tela di eleganti genericità. Dotato di spirito irrequieto, detesta l’inattività, cerca l’agitazione, se non proprio l’azione”. Diavolo, è proprio lui. Ma Marx non è tenero. “Ciò a cui mira non è la sostanza, ma la mera sembianza del successo…. Non essendo uomo di profondi disegni, incapace di meditare combinazioni durevoli e di perseguire obiettivi elevati, s’imbarca in azioni difficili al fine di tirarsene fuori in modo teatrale. Ha bisogno di complicazioni per alimentare la propria attività, e quando non le trova belle e pronte, le inventa”. È proprio lui, non si saprebbe dire meglio. E invece è lord Palmerston, al secolo Henry John Temple, terzo visconte Palmerston, 1784-1865, nato dunque nell’Ancien Régime, due volte primo ministro della regina Vittoria, recordista mondiale della presenza al governo, per 58 anni praticamente senza interruzioni, dal 1807 al 1865 – tre anni più di Andreotti.
Marx scrisse di Palmerston a più riprese tra il 1853 e il 1856, in quei tre anni fu la sua ossessione. Sulla “New York Tribune”, il giornale inglese “The People’s Paper”, quello scozzese “The Glasgow Sentinel”, la “London Free Press”, e in opuscoli - la “Storia della vita di Lord Palrmerston” sarà ricomposta postuma su tutti questi scritti nel 1899 da Eleanor Marx, la figlia. Con qualche svarione - per anni s’intignò a considerare Palmerston “un agente russo”, del regime, cioè, e del paese che più di tutti disprezzava.
Marx, che pure è fine analista, su lord Palmerston satireggia. Perché non riesce a spiegarsi il segreto del successo dell’intramontabile statista. Diversamente sarà in grado qualche anno dopo di analizzare Luigi Napoleone, Napoleone III, altro personaggio a lui ostico, contro le letture simpatetiche che ne davano Victor Hugo e Proudhon. Con uno studio, “Il 18 brumaio”, centrato sulla situazione e i fatti prima che sul personaggio: “Delle circostanze e una situazione che resero possibile a un personaggio mediocre e grottesco di fare la parte dell’eroe”. Berlusconi non si può dire un mediocre, ma appassionato del burlesque lo è.

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