Si può discutere se Saccomanni ci è o ci
fa. Ma è indubbio che i tecnici, Saccomanni come i suoi predecessori del governo
Monti, hanno un alto concetto di sé. Come migliori dei politici, come anzi i
belli-e-buoni della nazione, intelligenti, intemerati e innocenti – il tecnico
si vuole “in”. È la peggiore delle storture della pretesa Seconda Repubblica, questo
ventennio che sarà il più inglorioso e anzi dannoso della storia d’Italia: di fronte
alle manchevolezze dei tecnici - compresa la burocrazia di Stato, e in specie
delle Finanze - quelle dei politici, corruzione compresa, sono minori.
Inutile fare l’elenco delle stupidaggini. Bisognerebbe,
perché i grandi giornali, i giornali dei grandi interessi, sorvolano, ma ognuno
le sa. Le leggi fiscali retroattive, gli esodati, i qui lo dico e qui lo nego,
le leggi raffazzonate che neanche loro sanno cosa ci hanno scritto, e la pretesa
di dire bugie impunemente (che c’è la ripresa, che le tasse calano, che la
busta paga aumenta). Ma un punto bisogna dire: che mai erano stati privilegiati
come ora che accumulano le stupidaggini.
È questa la debolezza – l’“impiccio”
reale, non quello 5 Stelle - di Napolitano, che pure è un politico navigato: la
sua arrendevolezza di fronte al partito dei tecnici. Che si dice di “Repubblica”
o di Scalfari, al cui abbraccio mortale Napolitano non sa resistere, ma è dei
mestatori: avventurieri, banchieri, finanzieri, gente di portafoglio. Quello dei “tecnici” è un equivoco che ha accompagnato la Repubblica - il primo libro di Scalfari in argomento è del 1956. Napolitano dovrebbe saperlo, che ne è stato sempre avversato.
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