venerdì 24 gennaio 2014

Poesia-poesia, e la guerra svanì

Una poesia che prende corpo in controluce. Di “gergo poetico” - di calchi classici e ermetici – su sfondi drammatici: la guerra, le tradotte, la prigionia, i bombardamenti. “Irrompe la storia”, disse Giacomo Debenedetti della plaquette all’uscita, nel 1947. Che Dante Isella concelebrerà: “Uno dei più bei libri di versi del Novecento”. Raboni ridimensiona la storia a “esperienza”. Ma è ancora troppo, il “gergo poetico” è fine a se stesso: rilette a distanza, le tre esili raccolte del libro non escono dall’impressione fugace, lo stato d’animo indistinto. Gli sfondi drammatici (in una, “Frontiera”, Sereni va a fare la guerra alla Grecia, nella seconda, il “Diario d’Algeria”, è prigioniero, la terza, “Il male d’Africa”, è la sconfitta) ce li deve mettere il lettore con la biografia.
Vittorio Sereni, Diario d’Algeria

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