mercoledì 29 gennaio 2014

Quando l’Europa cominciò a morire

È una pièce di trent’anni fa. Ma nelle celebrazioni che si annunciano per i cento anni della Grande Guerra si rilegge come la più adatta a una commemorazione. Il sottotitolo è “La grande guerra nelle testimonianze originali dei protagonisti”. Un collage, di impianto semplice: utilizza solo parole già dette, dei protagonisti (politici, militari, industriali, clero, letterati) e delle vittime (soldati, madri, mogli).
Gli autori si sono mossi – lo rivendicano – “al saccheggio” di memoriali, diari, giornali, e di documenti degli archivi parlamentari e militari. Le battute che si recitano, asseriscono, “per quanto «mostruose» possano apparire”, sono documentate una per una – un programma di sala potrebbe esibire per ciascuna di esse riferimenti bibliografici completi: autore, titolo, edizione, pagina.
L’effetto è ovviamente critico, cattivo - pur su posizioni italianiste, nazionali, perfino patriottiche. Ma non del tutto: incombe sull’evento, che ha aperto un secolo terribile per l’Europa e ne ha deciso forse la fine, un’aura di fatalità. La pièce è del 1984 (da un copione originario del 1974, a Riccione Teatro: “Ta-pum ta-pum: la guerra del 1915-18 nelle testimonianze originali dei protagonisti”) ma l’aria è già incombente da finis Europae, il filone storiografico europeo successivo alla caduta del Muro
Da storici, gli autori si limitano a individuare “uno spaccato linguistico e storico che «motiva» il nascere del fascismo”. L’argomento, contestato al loro tempo, è oggi fuori discussione: non c’è più la guerra giusta, o buona, la prima, specie in opposizione a quella, “sbagliata”, di Mussolini. Non c’è più contrapposizione perché il concetto di guerra civile ingloba tutto. Tanto più che l’Europa non sembra poterne fare a meno - ora non più con le armi, ma in maniere altrettanto cruente, per esempio con la recessione indotta su tre quarti degli europei.
Roberto Franceschetti-Ezio Unfer, Morire per Roma

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