Curioso
dialogo, riproposto da tempo come trattatello di pedagogia. La stessa Adele
Canilli, che cura questa edizione con una lunga introduzione, molte note e la
traduzione, con originale latino, lo conferma, pur proponendosi di leggere il
dialogo non come opera pedagogica ma come “un’autentica filosofia del linguaggio,
eminentemente compiuta”. Agostino, spiega, è uno che la “vita beata” concepisce
in gruppo, “come un fatto sociale” –
è uno che non vuole (non sa?) stare solo. Per “la piena identificazione di
insegnare e di parlare”. Cioè, la parola è per sé pedagogia. In altri termini: “Il
parlare” di Agostino “è un fare, una
azione e, in quanto tale, dettata da un moto consapevole della volontà radiato
in credenze e convinzioni”.
Resta
invece rispettabile il proposito della curatrice: “Il mio intento è di attirare
sul dialogo l’attenzione dei linguisti e dei filosofi del linguaggio”. Ma
questo Adele Canili scriveva in testa alla prima riedizione del dialogo, già vent’anni
fa, e ancora aspetta. Per un motivo. La studiosa s’indirizzava “in specie a coloro
che militano sotto l’egida del razionalismo e dell’innatismo”, e “per esempio”
a Chomsky. Ma qui il santo è un caso esemplare della curiosa circolarità della
semiologia, quando non è divertito esercizio sofistico: segni con segni, segni
con parole, e nomi, segno unico.. Per arrivare alla consapevolezza che “o i segni
si mostrano con segni, o con segni altre cose che segni non sono”. E finire a
“quel settore dei segni in cui con segni non si indicano altri segni, ma le
cose che chiamiamo significabili”. Una semiologia dei limiti, della linguistica
e della semiologia stessa: la cosa si può indicare senza segno, senza parola,
senza suono.
Agostino
comincia a costruire la semiologia su un verso dell’“Eneide”, e con essa anche
il vocabolario, e la linguistica: “Si
nihil ex tanta Superis placet urbe relinqui”,
II, 659. Ma si ferma a ex, dopo aver “dimostrato” l’impossibilità logica del “nihil”,
niente – affronterà i Superis avrebbe
riportato il discorso agli dei (“Se agli dei piace che nulla sia
lasciato di sì grande città”, Troia). Molto più vivace e à point, sagace, anche nel non detto, dei moderni voluminosi trattati di linguistica
- che si vogliono prolissi per non aver nulla da dire?
Aurelio
Agostino, Il maestro, Mursia, pp.
151 € 7,30
free online http://www.augustinus.it/italiano/maestro/maestro.htm
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