Fotoritratto lusinghiero a colori su tutti
i giornali, e rete mobilitata, per le ministre europee della Difesa riunite a
Monaco di Baviera. Tutte del Nord: Norvegia, Svezia, Olanda , Germania. Una
novità, una conquista, le donne al comando delle forze armate.
Le prime ministre della Difesa si erano
avute in Francia, Michèle Alliot-Marie nel 2007, e in Spagna nel 2008, Carme
Chacòn Piqueras, Donne anche belle, Chacòn pure giovane e in attesa. Ma la novità
viene sempre dal Nord. La libertà e tutto – le latine si sa che sono
sottomesse.
Il viaggio in Italia, e più al Sud (più “pittoresco”),
è stato a lungo un genere letterario. In Calabria, per es., si veniva per tre
cose: ignoranza, sporcizia, povertà. Ma com’era il resto d’Europa nel 1820, nel
1840, nel 1860. Londra, i più affezionati londinesi, Virginia Woolf in “Flush”
per esempio, ne fanno una cloaca, di malfattori. È dopo il 1860 che inizia la
“differenza”. Dopo l’unità d’Italia.
La Lega letteraria
Ronconi
rifà “La Celestina” a Milano rifacendosi a Gadda. Che ne ha accennato in breve
in un articolo. E non a Corrado Alvaro, che della “Celestina” fu il traduttore,
e un lettore tanto più perspicace. Gadda si limita a osservare che la “Celestina”,
essendo lunga 21 o 22 atti, andava accorciata. Alvaro si può leggerlo nella
recensione di Cordelli:
Gadda
avrebbe dovuto essere il traduttore di “La Figlia di Celestina”, di Salas de
Barbadillo, per la collana “Corona” di Bompiani, di classici popolari. Ma era
traduttore indolente e “La figlia di Celestina” fu poi pubblicata dalla Bur.
Dunque,
un milanese indolente e un calabrese colto: come la mettiamo? Si capisce la
scelta di Ronconi, per il Piccolo di Milano: c’è il leghismo anche in
letteratura.
La mafia è repubblicana
U.Eco sancisce, “Sugli specchi”, p. 80,
una sorta di genealogia letteraria della mafia nel racconto di avventura.
Citando i “Beati Paoli” di Felice Bisazza, 1840, che, a differenza di quelli di
Natoli, campestri, pre-borghesi, sono
medievali. La mafia avrebbe i suoi quattro quarti cavallereschi, nobiliari,
baronali. Si può anche dire di più. Era stato un giornalista di Licata,
Vincenzo Linares, un quasi compaesano di Camilleri, a inventarsi quattro anni
prima, nei due numeri di Natale di un periodico che editava a Palermo, “Il
vapore”, i Beati Paoli medievali. Bisazza si era limitato a metterli in poesia.
Ma, 1836 o 1840 poco importa, o Linares e Bisazza: erano quella un’epoche di
regni e principati, malgrado la Rivoluzione. Con corti, investiture e alberi
genealogici. La mafia invece è repubblicana. Proprio, della Repubblica: la
mafia dei terreni, degli appalti, della droga e dell’usura (credito) è della
Repubblica. Quella siciliana e quella camorrista a partire dal dopoguerra,
quella ‘ndranghetista è recenziore, a partire dagli anni 1960, ed è andata
praticamente impunita per mezzo secolo, benché diffusissima.
L’imprenditore è meridionale
“Napoli «esporta» la migliore classe
imprenditoriale”, titola “Il Sole 24 Ore” domenica 26, sulla base della
rilevazione periodica della Camera di Commercio di Milano. La Calabria e la
Sicilia detengono il record dell’imprenditorialità esportata in rapporto a
quella locale: circa il 50 per cento. Si va dal 41 per ceto di Catanzaro, via
via, passando per Reggio, Caltanissetta, Enna, Vibo Valentia, al 50,1 esatto di
Crotone, la provincia più deprivata – o più ferace - di imprenditori. Sarebbe anche ovvio: Napoli, il Sud, è posto d’emigrazione, e i migliori
emigrano, chi ha voglia di fare in particolare. Ma non tutti i fatti vengono
accertati-accettati – il Sud è indolente, fatalista, statalista (il “posto”),
etc..
Delle
prime quindici province di origine degli imprenditori censiti – il dato è del
secondo trimestre del 12013 – sette sono meridionali, e poi c’è anche Roma: “La
più generosa è Napoli che, con quasi 108 mila capitani d'impresa in trasferta,
è seconda nel Paese alla sola Milano che ne conta appena 6mila in più
(114mila). Roma è terza con poco più di 75mila, Torino quarta con 57mila.
Seguono Bari e Palermo. Il risultato di Napoli, Bari e Palermo è eccezionale
anche in rapporto alla popolazione di riferimento, al numero delle persone.
Tra
le prime quindici rientrano anche Salerno, Foggia, Reggio Calabria e Catania.
Foggia e Reggio anche in quota maggiore se gli imprenditori si rapportano alla
popolazione di origine.
Tutto
scontato, invece, il seguito della rilevazione. Che al Sud l’imprenditore è
meridionale: poche opportunità, troppi vincoli al’ingresso, bassissimo
gradimento. Il Nord invece si avvale molto delle energie e le intelligenze di
altra provenienza.
L’indicatore di sviluppo regionale pro capite della Confindustria – che guarda a quindici diversi elementi, non solo al Pil – dà 77 al Sud, fatta pari a 100 la media nazionale, contro un 112 al Centro-Nord: “Questa forbice, compresa tra la Lombardia con 120 e la Campania con 69, spiega la poca capienza del tessuto economico meridionale e giustifica quello che lo studio camerale definisce «livello di autoctonicità»: il rapporto tra il totale delle cariche detenute da esponenti locali e il totale delle cariche disponibili nelle singole province”. A Bari l’autoctonicità è del 91,4 per cento, a Milano del 48,6 (ancora minore a Monza e Prato, incubatori d’imprenditorialità “di massa”.
L’indicatore di sviluppo regionale pro capite della Confindustria – che guarda a quindici diversi elementi, non solo al Pil – dà 77 al Sud, fatta pari a 100 la media nazionale, contro un 112 al Centro-Nord: “Questa forbice, compresa tra la Lombardia con 120 e la Campania con 69, spiega la poca capienza del tessuto economico meridionale e giustifica quello che lo studio camerale definisce «livello di autoctonicità»: il rapporto tra il totale delle cariche detenute da esponenti locali e il totale delle cariche disponibili nelle singole province”. A Bari l’autoctonicità è del 91,4 per cento, a Milano del 48,6 (ancora minore a Monza e Prato, incubatori d’imprenditorialità “di massa”.
Il ritorno – o nostos
Il tema dell’infanzia Cesare Pavese coniuga
sempre con le radici: “Dovunque ha vissuto un ragazzo, dovunque lui ha posato
gli occhi, si è creato qualcosa che resiste nel tempo e tocca il cuore a
chiunque abbia negli occhi un passato”“Feria d’agosto”, cap. IX. E lo ribadisce
tal quale in “Fuoco grande”, scritto con Bianca Garufi negli stessi mesi in cui
si pubblicava “Feria d’agosto”, edito
postumo nel 1959 – un racconto
ambientato a Maratea: “Non esiste paesaggio vuoto: dovunque ha vissuto un
ragazzo…”.
Belinda Cannone, “parisiciliana”, fa delle
origini una sorta di marchio indelebile, - “Il sentimento d’impostura”, p. 99:
si ha “l’impressione che, al fondo, gli uomini credano alla «naturalezza» della
loro identità: importa poco ciò che hanno fatto di se stessi, si credono
afferrati dalla propria «natura», segnati dalle proprie origini”.
Ma non è detto. “Io ora mi sento fuori”,
dice Carla Cohn a Eliana Di Caro (“Sole 24 Ore” di domenica 26 gennaio), 87
anni, a Roma “da una vita”. Dopo aver ripudiato la Germania natale e familiare,
che la imprigionò bambina e ne uccise i genitori, e dopo Israele, dove aveva
cercato conforto uscita dal lager e non lo trovò, e tentativi non riusciti di
radicamento a Parigi e negli Usa. “Alla fine ho scelto l’Italia perché mi era
piaciuta, ero stata brevemente a Bologna dopo la liberazione”. Si è sposata, e ci
vive da mezzo secolo, comodamente e rispettata, apprezzata autrice di memorie,
sulla deportazione e dopo. Ma, “certo”, conclude, “oggi non ci verrei. C’è
crisi, c’è una situazione confusa, mal organizzata, ma ora sono qua, non posso
più emigrare, dove vado”. Il radicamento è anche in virtù della forza delle
radici. Oppure si può dire il nomadismo una forma di radicamento, la mobilità.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento