martedì 4 febbraio 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (196)

Giuseppe Leuzzi

Fotoritratto lusinghiero a colori su tutti i giornali, e rete mobilitata, per le ministre europee della Difesa riunite a Monaco di Baviera. Tutte del Nord: Norvegia, Svezia, Olanda , Germania. Una novità, una conquista, le donne al comando delle forze armate.
Le prime ministre della Difesa si erano avute in Francia, Michèle Alliot-Marie nel 2007, e in Spagna nel 2008, Carme Chacòn Piqueras, Donne anche belle, Chacòn pure giovane e in attesa. Ma la novità viene sempre dal Nord. La libertà e tutto – le latine si sa che sono sottomesse.

Il viaggio in Italia, e più al Sud (più “pittoresco”), è stato a lungo un genere letterario. In Calabria, per es., si veniva per tre cose: ignoranza, sporcizia, povertà. Ma com’era il resto d’Europa nel 1820, nel 1840, nel 1860. Londra, i più affezionati londinesi, Virginia Woolf in “Flush” per esempio, ne fanno una cloaca, di malfattori. È dopo il 1860 che inizia la “differenza”. Dopo l’unità d’Italia.

La Lega letteraria
Ronconi rifà “La Celestina” a Milano rifacendosi a Gadda. Che ne ha accennato in breve in un articolo. E non a Corrado Alvaro, che della “Celestina” fu il traduttore, e un lettore tanto più perspicace. Gadda si limita a osservare che la “Celestina”, essendo lunga 21 o 22 atti, andava accorciata. Alvaro si può leggerlo nella recensione di Cordelli:
Gadda avrebbe dovuto essere il traduttore di “La Figlia di Celestina”, di Salas de Barbadillo, per la collana “Corona” di Bompiani, di classici popolari. Ma era traduttore indolente e “La figlia di Celestina” fu poi pubblicata dalla Bur.
Dunque, un milanese indolente e un calabrese colto: come la mettiamo? Si capisce la scelta di Ronconi, per il Piccolo di Milano: c’è il leghismo anche in letteratura.

La mafia è repubblicana
U.Eco sancisce, “Sugli specchi”, p. 80, una sorta di genealogia letteraria della mafia nel racconto di avventura. Citando i “Beati Paoli” di Felice Bisazza, 1840, che, a differenza di quelli di Natoli, campestri,  pre-borghesi, sono medievali. La mafia avrebbe i suoi quattro quarti cavallereschi, nobiliari, baronali. Si può anche dire di più. Era stato un giornalista di Licata, Vincenzo Linares, un quasi compaesano di Camilleri, a inventarsi quattro anni prima, nei due numeri di Natale di un periodico che editava a Palermo, “Il vapore”, i Beati Paoli medievali. Bisazza si era limitato a metterli in poesia. Ma, 1836 o 1840 poco importa, o Linares e Bisazza: erano quella un’epoche di regni e principati, malgrado la Rivoluzione. Con corti, investiture e alberi genealogici. La mafia invece è repubblicana. Proprio, della Repubblica: la mafia dei terreni, degli appalti, della droga e dell’usura (credito) è della Repubblica. Quella siciliana e quella camorrista a partire dal dopoguerra, quella ‘ndranghetista è recenziore, a partire dagli anni 1960, ed è andata praticamente impunita per mezzo secolo, benché diffusissima.

L’imprenditore è meridionale
“Napoli «esporta» la migliore classe imprenditoriale”, titola “Il Sole 24 Ore” domenica 26, sulla base della rilevazione periodica della Camera di Commercio di Milano. La Calabria e la Sicilia detengono il record dell’imprenditorialità esportata in rapporto a quella locale: circa il 50 per cento. Si va dal 41 per ceto di Catanzaro, via via, passando per Reggio, Caltanissetta, Enna, Vibo Valentia, al 50,1 esatto di Crotone, la provincia più deprivata – o più ferace - di imprenditori. Sarebbe anche ovvio: Napoli, il Sud, è posto d’emigrazione, e i migliori emigrano, chi ha voglia di fare in particolare. Ma non tutti i fatti vengono accertati-accettati – il Sud è indolente, fatalista, statalista (il “posto”), etc..
Delle prime quindici province di origine degli imprenditori censiti – il dato è del secondo trimestre del 12013 – sette sono meridionali, e poi c’è anche Roma: “La più generosa è Napoli che, con quasi 108 mila capitani d'impresa in trasferta, è seconda nel Paese alla sola Milano che ne conta appena 6mila in più (114mila). Roma è terza con poco più di 75mila, Torino quarta con 57mila. Seguono Bari e Palermo. Il risultato di Napoli, Bari e Palermo è eccezionale anche in rapporto alla popolazione di riferimento, al numero delle persone.
Tra le prime quindici rientrano anche Salerno, Foggia, Reggio Calabria e Catania. Foggia e Reggio anche in quota maggiore se gli imprenditori si rapportano alla popolazione di origine.
Tutto scontato, invece, il seguito della rilevazione. Che al Sud l’imprenditore è meridionale: poche opportunità, troppi vincoli al’ingresso, bassissimo gradimento. Il Nord invece si avvale molto delle energie e le intelligenze di altra provenienza.
L’indicatore di sviluppo regionale pro capite della Confindustria – che guarda a quindici diversi elementi, non solo al Pil – dà 77 al Sud,  fatta pari a 100 la media nazionale, contro un 112 al Centro-Nord: “Questa forbice, compresa tra la Lombardia con 120 e la Campania con 69, spiega la poca capienza del tessuto economico meridionale e giustifica quello che lo studio camerale definisce «livello di autoctonicità»: il rapporto tra il totale delle cariche detenute da esponenti locali e il totale delle cariche disponibili nelle singole province”. A Bari l’autoctonicità è del 91,4 per cento, a Milano del 48,6 (ancora minore a Monza e Prato, incubatori d’imprenditorialità “di massa”.


Il ritorno – o nostos
Il tema dell’infanzia Cesare Pavese coniuga sempre con le radici: “Dovunque ha vissuto un ragazzo, dovunque lui ha posato gli occhi, si è creato qualcosa che resiste nel tempo e tocca il cuore a chiunque abbia negli occhi un passato”“Feria d’agosto”, cap. IX. E lo ribadisce tal quale in “Fuoco grande”, scritto con Bianca Garufi negli stessi mesi in cui si pubblicava  “Feria d’agosto”, edito postumo nel 1959  – un racconto ambientato a Maratea: “Non esiste paesaggio vuoto: dovunque ha vissuto un ragazzo…”.
Belinda Cannone, “parisiciliana”, fa delle origini una sorta di marchio indelebile, - “Il sentimento d’impostura”, p. 99: si ha “l’impressione che, al fondo, gli uomini credano alla «naturalezza» della loro identità: importa poco ciò che hanno fatto di se stessi, si credono afferrati dalla propria «natura», segnati dalle proprie origini”.
Ma non è detto. “Io ora mi sento fuori”, dice Carla Cohn a Eliana Di Caro (“Sole 24 Ore” di domenica 26 gennaio), 87 anni, a Roma “da una vita”. Dopo aver ripudiato la Germania natale e familiare, che la imprigionò bambina e ne uccise i genitori, e dopo Israele, dove aveva cercato conforto uscita dal lager e non lo trovò, e tentativi non riusciti di radicamento a Parigi e negli Usa. “Alla fine ho scelto l’Italia perché mi era piaciuta, ero stata brevemente a Bologna dopo la liberazione”. Si è sposata, e ci vive da mezzo secolo, comodamente e rispettata, apprezzata autrice di memorie, sulla deportazione e dopo. Ma, “certo”, conclude, “oggi non ci verrei. C’è crisi, c’è una situazione confusa, mal organizzata, ma ora sono qua, non posso più emigrare, dove vado”. Il radicamento è anche in virtù della forza delle radici. Oppure si può dire il nomadismo una forma di radicamento, la mobilità.

leuzzi@antiit.eu

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