lunedì 17 febbraio 2014

Amico di casa e madre della lingua (è il dialetto)

“Il dialetto è la sorgente misteriosa di ogni lingua evoluta. Da esso affluisce a noi tutto ciò che lo spirito della lingua custodisce in sé”. Un’edizione feticcio. Di ottima carta, grafica e legatura, col testo in tedesco accanto alla traduzione piana di Francesco Gagliardi, che riproduce “l’aspetto grafico e redazionale della edizione originale” curata da Günther Neske nel 1958. “Che cosa custodisce lo spirito di un’autentica lingua?”, Heidegger continua con piglio per una volta semplice, socratico, l’autore e l’argomento sentendo “suoi”:“Custodisce in sé i riferimenti, celati ma fondamentali, a Dio, al mondo, agli uomini, alle loro opere e al loro modo di agire”. Tutto “rivive” (meglio: sopravvive) nella lingua. “Ma si estingue anche con essa, non appena una lingua deve rinunciare all’afflusso da quella sorgente che è il dialetto”.
Il dialetto non è residuale e non è amorfo. Non è folklore. Hebel il “Tesoretto” con le “Poesie alemanne”, che ne fanno il nume tutelare della Foresta Nera e della Svevia, ma sono amate e fatte proprie da tutta la Germania, tema di molta filosofia, Benjamin e Ernst Bloch tra i tanti oltre Heidegger, introduce con propositi di “poesia nobile”. A ragione, argomenta Heidegger. Con Hegel, altro svevo, e il suo triplice senso di aufheben: si dice aufheben, conservare, anche per sollevare e trasfigurare. Attraverso il dialetto, il poeta Hebel può “trasformare tutto nel mite splendore della parola quietamente risonante”.,
Heidegger non si esime dal gergo - le agudezas sono la sua droga - ma vuole qui confondersi con gli altri, gli svevi, almeno loro, gli alemanni. La seconda verità che propone leggendo il suo “amico di casa” Johann Peter Hebel, il compaesano, che visse metà e più della sua vita (1760-1826) in lontano, è lo stesso “amico di casa”. La casa essendo non le quattro mura ma il mondo. L’amico quello che alla casa-mondo dà senso: “L’amico di casa della terra è la luna”, il filosofo argomenta col poeta: “Come la luna attraverso il suo risplendere, così il terrestre amico di casa Hebel porta con il suo dire una luce, e di certo una luce mite”.
Perché la luna e non il sole? “La luna porta la luce nelle nostre notti. Ma la luce che porta non l’ha essa stessa accesa. È soltanto il riflesso che luna ha precedentemente ricevuto – dal suo sole, il cui splendore illumina al tempo stesso la terra”. L’amico di casa è tutti noi. È il custode dell’“essenziale”, che gli altri, “assonnati, dimenticano fin troppo facilmente”.Il “guardiano notturno”, vigile anche quando non parla. Il dialetto è l’amico di casa.
Terzo: l’amico di casa è quello che ci riconduce “alla naturalità della natura”, che è “molto più antica della natura come oggetto della moderna scienza della natura”. La natura si storicizza. In Hebel, nella lingua-dialetto, in modo particolare. “Questo amico di casa certamente ruralizza l’universo”, come già Goethe lamentava. “Ma questo ruralizzare avviene secondo quella maniera del costruire che pensa nella direzione di un più originario abitare dell’uomo”. Allora, in un mondo ancora rurale, e oggi: è “il poeta come l’amico di casa che porta al linguaggio la casa del mondo per l’umano abitare”. È quello che “porta al linguaggio”.
“Il segreto del linguaggio di Hebel” non sta nell’artificio, né nel popolaresco: “Sta nel fatto che Hebel è stato in grado di incorporare la lingua del dialetto alemanno nella lingua pura e letteraria. In questa maniera il poeta lascia risuonare la lingua letteraria come pura eco della ricchezza del dialetto”. Heidegger al suo tempo non aveva da confrontarsi col politicamente corretto, né con l’internet, ma già sapeva: “Ciò che un tempo era il parlato del nostro linguaggio, la sua inesauribile arcaicità, sprofonda sempre più nell’oblio”. Anzi: “Noi riteniamo cioè che anche il linguaggio, come ogni altra cosa quotidiana con la quale abbiamo a che fare, sia soltanto uno strumento, e precisamente lo strumento della comunicazione e dell’informazione”.
Non si parla più perché non si ascolta O si parla, ma non più nella “lingua materna”,  il “linguaggio cresciuto storicamente”. Questo è fondamentalmente il dialetto: “Il dialetto non è solo la lingua della madre, ma al tempo stesso è anzitutto la madre della lingua”.
Martin Heidegger, Hebel. L’amico di casa, Aquaplano, pp. 48 € 12

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