Si gioca alla rivoluzione
anarchica tra collezionisti antiquari e una ricca casa in un quartiere alto di
Londra. Se non che tutti i complotti del gruppo falliscono. Il racconto essendo
un giallo, bisogna fermarsi qui – basti dire che c’è il lieto fine, la ricerca
del colpevole non dovrebbe essere difficile per il lettore. Ma, come per tutte
le trame “segrete”, inevitabile s’impone la conclusione che sono ripetitive:
sanno sempre di già visto. Quella di Conrad tre quarti di secolo prima – quasi:
il racconto è del 1906 – dello stolido terrorismo italiano. Ma anch’essa più o
meno rituale. Forse non ci sono tanti modi di tradire.
La proposta del racconto con
l’originale è la vera sorpresa. Mostra netto quello che è un limite di Conrad:
aggrovigliare la storia in narrazioni indirette, di qualcuno che le racconta a
un altro - e questi spesso a un terzo. Forse per scrupolo di verosimiglianza,
ma creando molteplici piani, quando si poteva raccontare con semplicità in
terza persona. Mostra anche che la lingua apparentemente aggrovigliata di
Conrad in traduzione è in buona misura dell’originale: Conrad è uno scrittore
inglese di formazione polacca, probabilmente, e di lingua francese,
sicuramente. L’uso dei possessivi, o l’aggettivo spesso dopo il nome: un
inglese, che non fosse lusingato di arruolarlo, avrebbe da obiettare. Ha anche-
benché sincero ammiratore del modo di vivere inglese – dei personaggi inglesi
che non lo sono: non la bella ragazza, non gli anarchici, non l’eminenza
grigia. Ancora di più qui Conrad è continentale – o “europeo”, come lo voleva,
Orwell.
Questo è il suo punto di
vantaggio, secondo lo stesso Orwell: per il romanticismo, “l’amore per il
nobile gesto”, e per “la notevole comprensione della politica cospirativa” – aveva
in orrore anarchici e nichilisti, e nello stesso tempo li ammirava:
“reazionario magari in politica interna, ma ribelle alla Russia e alla Germania”.
Uno scrittore terragno, meglio che marinaro, argomenta ancora Orwell (“L’uomo
venuto dal mare”, ora in “Gli anni dell’«Observer»”): “Può darsi che i suoi
brani più ricchi di colore abbiano come tema il mare, ma è quando sbarca sulla
terraferma che Conrad tocca l’apice della maturità”. È vero: memorabili sono i
racconti di perversione degli animi candidi, l’ansia del fallimento.
“L’informatore” uscì nel
1906 in rivista e due anni dopo nella raccolta “A set of six”, con altre storie
di eroismi fallimentari, “An anarchist”, “The Brute”, gli stessi “Duellanti”.
Joseph Conrad, L’informatore, Leone, pp. 91 (con orig.
a fronte) € 6
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