Analfabetismo – Si discute se col maestro Manzi,
“Non è mai troppo tardi”, un milione e mezzo di italiani presero la licenza
elementare, come dice la Rai, oppure solo 35 mila. Il numero è importante,
perché un milione e mezzo di italiani analfabeti tra il 1960 e il 1968 fa senso
– ma non c’è bisogno del dato Rai: probabilmente erano di più, l’Italia è nata
da poco. La diversità dei numeri è invece indifferente al fatto, che è rilevante comunque: la voglia di imparare. Se anche furono solo 35 mila, oltre
mille classi dovettero essere organizzate negli otto anni, e fornite di
televisori e cancelleria – la super scuola media di Fanfani verrà istituita nel
1962 e entrerà in funzione nel 1963. Quasi tutte persone anziane e anzianissime,
anche ultraottantenni, questo il punto, che prendevano la licenza per orgoglio.
La
cultura era allora una piramide, cui tutti ambivano accedere, anche se solo al
livello minimo. Oggi sarebbe una piramide rovesciata, con la testa ingombra, ma
senza piedi, o altrimenti fragili, non interessati.
Confessione
–
È tornata “sociale”? Come tra le carmelitane e in alcune sette, anche
cristiane, ora sui social media. La confessione impazza, spesso in senso
proprio, dei delitti commessi o annunciati. Il caso di Breivik in Norvegia non è
isolato, molti delitti vengono annunciati o vantati sui social media. Allo stesso livello di
indifferenza che connota tutta l’informazione in rete – indifferenza etica,
sotto la facciata della trasgressività, e qui di giudizio, ma anche cognitiva.
Delitti ovviamente minori rispetto alla strage perpetrata da Breivik, ma pur
sempre delitti, perfino assassinii. E viceversa, molti social media vengono
analizzati dalla polizia, a fini di prevenzione, o anche per fare luce in certe
indagini o sostenere le accuse.
Il rapporto 2013 della International
Association of Chiefs of Police, che raggruppa circa 500 polizie, afferma che
l’80 per cento dei membri usa i social media per le indagini. Una delle
attività emergenti è il software per ricerche digitali, a uso delle polizie e
degli studi legali (negli Usa). Certi di trovare nei social media elementi di
colpevolezza\innocenza.
Destra-sinistra – Renzi
dichiara la contrapposizione perenta nella forma del merito-con-uguaglianza.
Che è in realtà la società liberale. Cioè la destra - una delle destre, ma l’unica
in realtà con dignità politica, le altre essendo manifestazioni di
totalitarismo, razzismo, intolleranza. Mentre la distinzione vige nei fatti, se
non nella politica che non sa governare i fatti. E negli animi. Ne è riprova
l’opportunismo, che della distinzione – e quindi della sua negazione – si
nutre.
La negazione stessa della
polarizzazione è liberale: una società ben governata, si dice, non può che
essere libera. E si citano in proposito i casi di indifferenza, del fascista
che diventa comunista, e viceversa, come indicativi di una polarizzazione
infetta dal virus antiliberale – che oggi si direbbe antidemocratico. Anche
questo è vero.
La pratica di quello che in
Italia si chiama “trasformismo” essendo corrente, i casi recenti sono poco
significativi. Ma alcune storie, ancorché ignote, sono significative, della
differenza e dell’opportunismo.
Arnolt Bronnen, nato Bronner,
nome d’arte A.H.Schelle-Noetzel, viennese, scrittore, drammaturgo, l’autore del
“Parricidio” (suo padre era ebreo), amico austriaco di Brecht, diventò l’amico
di Goebbels, fece il “voto della più sincera fedeltà” a Hitler nel 1933, per
finire a guerra perduta sindaco comunista al paesello, a Bad Goisem – e poi
onorato drammaturgo a Berlino Est.
Ernst Niekisch fu socialista, e
presidente del parlamentino della Repubblica dei Consigli degli operai e soldati
di Monaco nel 1919. Dalla quale fu però condannato subito dopo a due anni e
mezzo di prigione senza nessun capo d’accusa. Fu ciò malgrado sempre
antinazista, autore nel 1932 di “Hitler, una disgrazia tedesca”, e poi di
libelli che gli valsero l’ergastolo per “alto tradimento letterario” dal
Tribunale del popolo, presieduto da un ex comunista, Roland Freisler. Ma fu
anche antisemita.
Roland Freisler, il presidente e
procuratore del Tribunale Speciale di Hitler, sicuro nazista dal 1925, fu perseguitato
fino alla morte nel 1945, sotto le bombe a Berlino, dalla fama di essere stato
comunista durante il servizio militare nella grande guerra, e nel campo di prigionia
bolscevico.
Jacques Doriot, giovane
socialista in guerra, decorato al valore, subito comunista, e per questo anche carcerato,
quindi espulso dal Pcf con tipica procedura stalinista (per aver prospettato l’alleanza
elettorale con i socialisti nel 1934 - cioè il Fronte Popolare che si farà due
anni dopo perché Stalin l’aveva deciso), divenne filofascista e fu infine
collaborazionista.
Occidente
–
È un ricordo, una forma storica. Non c’è più come organizzazione politica,
nemmeno in forma di petizione – nessuno ne parla, nessuno lo propone, la Nato
non si sa nemmeno se (che) esiste.
A lungo si è detto Occidente la
forma culturale dominante, dopo la perdita delle colonie e le sconfitte
dell’imperialismo, a Dien-Bien-Phu, a Suez, in Algeria, nel Vietnam, in Sud
Africa. La società dell’abbondanza dei
consumi come modello culturale “universale” imposto dall’Occidente, inteso come
area transatlantica, Europa Occidentale-Usa. Ma l’Europa da un quarto di secolo
non è più la stessa, tra la Germania e il niente - 28 stati, forse 30. Mentre gli
Usa da un quarto di secolo sono proiettati sull’area transpacifica.
Il modello economico del libero
mercato, teorizzato a Occidente, è ora imposto ad esso. Non c’è un modello
politico occidentale: i regimi pluralistici, elettorali, sono deboli nella
stessa Europa. Non c’è – ma da tempo non c’era – un modello estetico
(letterario, filosofico, artistico), se non per alcune escrescenze
statunitensi, comunque non dominanti nella cultura mondiale, per quanto
informe. Resta nella forma immagine: il selfie,
la tv, il cinema. Ma allora nell’indistinto: l’Asia ne è padrona e succube
quanto l’Occidente.
Riforma
– Si carica, avvicinandosi il sesto centenario, di messianismo. Curioso: a opera
di non credenti. Ma più per misinterpretare il fatto politico o storico: la Riforma
avrebbe potuto aversi nel tredicesimo secolo, anche nel dodicesimo, “da sinistra”,
attorno ai catari, albigesi etc. Oppure, “da destra”, all’interno della chiesa,
nel quindicesimo secolo, attorno ai concili di Costanza e Firenze-Ferrara.
Quella di Lutero fu una ribellione politica. Non meno di quella anglicana,
politica dichiarata. Una secessione.
Sonnambulismo
–
È scomparso. Dopo essere stato”normale”, per più generazioni, fino almeno agli
anni 1950 – “’A sonnambula” è del 1957. Simenon nelle memorie, in particolare
in “Lettera a mia madre”, ricorda di essere stato sonnambulo e di avere “ancora
crisi di sonnambulsimo alla mia età”, a
72 anni - “che è molto raro”. E testimonia: “Due dei miei figli almeno sono
sonnambuli, benché non concepiti dalla stessa madre. Infine, mio nipote è
anch’egli sonnambulo”.
Si potrebbe argomentare che è
diventato una condizione normale in senso improprio: non di veglia nel sonno ma
di sonno nella veglia.
Turismo
–
È una forma d’impregnazione? D’impregnazione di massa: milioni di persone che decidono di vedere
tutta Firenze in un giorno, tutta Roma in due, di ogni immagine, e ne prendono
centinaia di memorabili ogni giorno, fissando il ricordo nella fotocamera. Che
viaggino da soli o in gruppo. Si direbbe che mettono da parte alcuni giorni della
loro vita lavorativa per accumulare impressioni. Dopodiché, nel tempo libero a
casa, nelle lunghe tediose stagioni buie o inclementi, le ripasseranno e gusteranno,
al computer, sullo schermo tv, a una a una. Da soli o con i familiari e amici. Che
ricordino cosa quelle immagini rappresentano (cosa hanno “visto”) oppure no:
restano comunque impregnati di un flair,
un gusto, un sapore, un modo di essere altro, e quindi desiderabile.
Oppure non vedranno nulla, non
rivedranno niente di ciò che hanno fotografato. E allora il turismo sarebbe
soltanto un’occupazione del tempo come un’altra. Un passatempo, nevrotico: fotografare
tutto sarebbe un riflesso condizionato come un altro. Forse perché ora non costa più.
È vera l’una o l’altra ipotesi?
Tertium non datur. O i giapponesi, e ora i cinesi, passano le serate al ritorno
a godersi in dettaglio le tante immagini accumulate, o non si può che
considerarli istupiditi – un tempo si diceva colonizzati - dai modelli
culturali stranieri, occidentali, che adottavano, e ora non è più possibile,
non ci sono modelli. Se non capiscono è perché il (relativo) benessere
instupidisce - la vecchia polemica sulla piccola borghesia.
astolfo@antiit.eu
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