Don Patriciello, l’autore del libro
documentario, è come se volesse fare della sua parrocchia a Caivano, tra Napoli
e Caserta, un luogo maledetto. Non uno di speranza, come si penserebbe di un
vangelo. Doppiamente anzi maledetto: il “luogo dei Casalesi” ha ribattezzato “Terra
dei Fuochi” e vuole che sia appestata, da rifiuti tossici e quant’altro.
Non si può criticare uno che lotta contro
la camorra, e dunque non lo si critica. Un prete, per giunta. Ma perché non
dire la verità sulla “terra dei fuochi”? Sulle discariche abusive. Il prete che
si effigia in copertina con la croce non fa invece che avallare le bufale di un
pentito, Schiavone. Un pentito “vecchio” per giunta di vent’anni. Cha danna una
terra, la sua terra, di don Patriciello, dicendola ricettacolo di veleni. Per
trovare i quali milioni si spendono che avrebbero potuto essere altrimenti
impiegati, per ricerche fantasmatiche coi droni dell’esercito (o dell’aviazione),
le autoblindo in missione spesata, gli innumerevoli appalti a ditte che (non)
scavano, comunque non trovano, e il rifiuto di sé, delle mamme e i loro figli,
nell’isteria. Contro ogni evidenza. Contro la speranza - don Patriciello, che ha
avuto l’altro ieri due morti per strada, sparati e bruciati, ieri ha celebrato
Rocco Hunt, il vincitore giovane di Sanremo, per la canzone “Nu jurno buono”, che
dice : “Noi siamo la terra del sole\ non la terra dei fuochi”, ma basta? E alla
fine senza colpevoli.
La camorra è camorra, don Patriciello, che
vive a Caivano, dove i boss si uccidono e si bruciano per strada, dovrebbe
conoscerla. Gli agricoltori sono invece agricoltori. Spesso sono poveri, ma l’agricoltore
che avvelena la sua terra è del tutto inedito.
Maurizio
Patriciello, Vangelo della Terra dei fuochi, Imprimatur, pp. 136 € 14
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